Nel tutto che è stato Gigi Proietti – dalla musica, al teatro, al cinema, alle letture pubbliche d’autore, all’intrattenimento, al video- un posto non secondario occupano le serie televisive. Si potrebbe citare l’ultima (2014-2018), Una pallottola nel cuore, in cui interpretava il personaggio di un giornalista di cronaca nera vicino alla pensione, con eccellenti capacità investigative.
Tuttavia, il monumento televisivo per eccellenza è Il maresciallo Rocca. Attenzione alle date. La lunga saga ideata da Laura Toscano e diretta – tra gli altri- da Giorgio Capitani innamorato della perfetta location di Viterbo viene trasmessa la prima volta all’inizio del 1996. Andrà avanti fino al 2005. E qua e là continuano le repliche. Anticipò la nuova stagione della fiction italiana (giunta di lì a poco all’epifania di Montalbano), nel suo passaggio dalla fase più autoriale (La Piovra o Cristoforo Colombo, ad esempio, a loro volta l’evoluzione modernizzata degli storici sceneggiati della Rai) a quella del consumo di qualità.
Un tratto peculiare, che ha fatto delle serie un baluardo degli ascolti e persino un obbligo di legge, secondo la buona normativa del 1998 (legge n.122), che imponeva quote di produzione e diffusione di prodotti italiani ed europei. Insomma, quella parte dell’industria culturale fondamentale per segnarne il tratto di massa: la zona centrale capace di innalzare i livelli più bassi o banali, nonché di popolarizzare le tracce colte o letterarie delle scritture.
Il maresciallo Rocca recita con insigni figure dello spettacolo: da Stefania Sandrelli, a Matteo Sbragia, a Veronica Pivetti. Per ricordare qualche nome.

DI QUI, e attraverso sceneggiature di un valore assai migliore rispetto alle classiche soap, si sviluppa il successo di un meccanismo di finzione fondato sulla ripetitività consolatoria sbrecciata dal colpo di frustata del racconto. Il personaggio cui diede vita con grande abilità è – come in Montalbano– l’investigatore senza paura. Ma sufficientemente vicino ai difetti quotidiani e privati decisivi per la proiezione immaginaria. Un maresciallo dei carabinieri perfetto ma non troppo: una miscela tra il bene e il male, che potrebbe reggere all’infinito. Un gioco che con Proietti (come sarà per Luca Zingaretti) raggiunge livelli eccelsi. Tetti di così sagace recitazione sono il frutto di apprendistati lunghi. Dalle cantine degli anni settanta, alle regie, ai fulminei passaggi da Brecht e Shakespeare al Mandrake. Agli incredibili cavalli di battaglia, in grado di sollevare l’avanspettacolo verso i confini dell’arte. E di nazionalizzare cadenze e fonetiche del romanesco.

C’E’ UN’ULTERIORE  storia parallela tra Rocca e Montalbano: il loro straordinario successo negli ascolti ne fece spostare la trasmissione dalla seconda alla prima rete del servizio pubblico. Dove la platea è ampia e davvero generalista.
Gigi Proietti è stato numerose volte negli studi televisivi, a cominciare dal varietà del sabato sera del 1988 I sette peccati, con una Milva forse oggi un po’ dimenticata.
Un ammonimento. Chi ha fatto scuola a tante e a tanti merita oggi di diventare lui stesso materia di insegnamento.