Quando si scrive di Corea del Nord la sfida è di stile: riuscire a portare a termine un articolo imbottito di condizionali e «si dice», capace però di rimanere in un ambito di realtà. La Corea del nord è un mistero e un paradosso di quest’epoca tecnologica, che consente di arrivare a notizie in real time e ventiquattro ore su ventiquattro, tranne lì, in quel buco nero che è il paese governato – fino a prova contraria – dalla dinastia comunista di Kim Jong-un. Il paese è talmente chiuso in se stesso, sigillato dall’interno, incurante perfino di quanto accade nel resto del mondo, che talvolta anche i cinesi, che pure dovrebbero avere i canali migliori per conoscere quanto accade a Pyongyang, dicono di non sapere cosa stia succedendo dall’altra parte del confine.

Tutto quindi appare possibile, al punto che i fatti nord coreani spesso diventano una fonte di clamorose bufale o storie tra il grottesco e la violenza straordinaria (come la storiella dei cani rabbiosi usati per sterminare nemici politici, o dell’ex fidanzata di Kim uccisa perché amante dei film porno: entrambe le «tragedie» si sono rivelate false). La questione però – per quanto la dinastia dei Kim si presti a narrazioni ad effetto – è che le vicende di Pyongyang, preoccupano non poco i vicini territoriali.

L’idea che il regime collassi o dia vita a esodi o – peggio ancora – scontri civili, è un motivo di ansia tanto per Pechino, quanto per Seul e Washington. Dal 2011 il paese è governato dal giovane Kim jong-un, un oggetto misterioso perfino per i suoi sudditi. Gli stessi nord coreani che si possono incontrare al confine con la Cina, infatti, non hanno dubbi: Kim jong-un è al potere perché identico al nonno. Nel senso che il Brillante Compagno è uguale fisicamente all’Eterno Presidente e le foto lo confermerebbero. Un potere basato sulla somiglianza fisica, voluta e cercata, non può, non nascondere insidie.

Ed ecco che a sorpresa, viene fuori che Kim jong-un da un mese non si fa vedere in giro. Per le consuetudini gerarchiche e comunicative asiatiche – che non lesinano in immagini ufficiali del capo che «lavora duro» per il proprio popolo – è un dato preoccupante. Pare che la televisione in Corea del Nord stia mandando in continuazione immagini di repertorio per assicurare che tutto è sotto controllo, che Kim lavora per il Partito e la nazione nord coreana; ma le voci sono ormai fuori controllo.

Kim sarebbe stato fatto fuori, esautorato. O ancora, morto, o lontano da Pyongyang, a curarsi o agli arresti. Tutto – ora – sarebbe in mano ad un organo creato dal padre prima di morire, nel 2011; si tratterebbe del «Dipartimento Organizzativo e Disciplinare», un nome pynchoniano per un ufficio dai compiti oscuri, di cui quasi non si conosceva l’esistenza. O ancora, altra voce, la più suggestiva: gestisce tutto Kim Yo Jong, la sorella di Kim. Ci arriveremo, ma con ordine: primo occorre dire chi è Kim e come è arrivato al potere.

Dov’è il Capo

Secondo i nord coreani pare che Kim – una ghiotta icona acchiappaclic in Occidente – non sia molto noto e amato in patria.
Le sue foto non sono ovunque, come quelle del padre e del nonno. Per una società confuciana, del resto, un pischello alla guida non è proprio l’ideale: naturale dunque la diffidenza del popolo. A questo va aggiunto il passato. Dov’era Kim jong-un durante l’Ardua Marcia, ovvero uno dei periodi peggiori di carestia, fame e morte in Corea del Nord? Lo sanno tutti, pare: era a fare la bella vita in Svizzera, a ingozzarsi di formaggi (tra le tante voci, si è diffusa anche quella che lo vedrebbe ammalato per indigestione di «formaggio svizzero»), a guardarsi i match di Nba, a divertirsi, mentre il suo popolo moriva di stenti e fame nera.

Secondo elemento: perché Kim è scomparso? Stando alla ricostruzione ufficiale fornita dai media nordcoreani Kim avrebbe subito un intervento ad entrambe le caviglie. Nelle ultimi apparizioni, viene sottolineato, in effetti camminava zoppicando. L’intervento si sarebbe reso necessario, perché Kim utilizzerebbe il cosiddetto «tacco cubano» per sembrare più alto. Naturalmente girano altre voci: gotta, diabete, obesità. Il dato certo è che da un mese non si vede e non si è presentato a due eventi fondamentali per un leader come lui: la seduta dell’Assemblea popolare, che costituisce una sorta di parlamento del paese e soprattutto le cerimonie in Corea del Sud dei giochi asiatici, cui invece sono andati due funzionari nordcoreani, che per altro parrebbe aver aperto a nuovi dialoghi con Seul.

L’assenza di Kim e l’apertura verso Seul, sarebbero due indizi del fatto che – forse – a Pyongyang le acque proprio tranquille non sono. Come specifica in questi giorni la stampa cinese, la visita della delegazione di funzionari di alto livello di Pyongyang nella città sudcoreana di Incheon sabato alle cerimonie dei giochi asiatici, sarebbe un evento «strano».

Il numero due del regime, Hwang Pyong-So, avrebbe portato i «saluti cordiali» di Kim ai funzionari della Corea del Sud, con i quali si è incontrato. «Ciò – ha scritto il quotidiano di Hong Kong, South China Morning Post – è solo servito a far decollare la speculazione dei media e degli accademici sul perché Pyongyang stia facendo un gesto conciliante in questo momento». Il ministro sudcoreano dell’Unificazione Ryo Kihl-jae avrebbe anche approfittato «della rara opportunità di avere informazioni di prima mano dal Nord» per chiedere dello stato di salute di Kim. «Non c’è niente di preoccupante riguardo la salute del leader Kim», ha risposto il segretario per gli affari coreani del Partito dei Lavoratori Kim Yang-gon.

Il colpo di Stato

Secondo alcuni media che seguono da vicino, per quanto sia possibile, le vicende di Pyongyang, non ci sarebbero dubbi: saremmo di fronte a un colpo di Stato. E tutto sarebbe cominciato in un momento ben preciso, ovvero «l’esecuzione dello scorso anno dello zio di Kim e poi del secondo in comando, Jang Song-taek».

Toccare la famiglia avrebbe costituito uno sgarro inaccettabile, oltre il quale non si sarebbe potuti più andare. La narrazione proposta «vede il giovane leader messo da parte, in un ruolo di prestanome. Hwang, che ha accumulato nuovi poteri militari e politici negli ultimi mesi, avrebbe usurpato l’autorità di Kim e starebbe dando gli ordini da quello che un tempo era un oscuro dipartimento del Partito dei lavoratori al potere», è la teoria espressa da New Focus International, un sito di notizie autofinanziato che sostiene di offrire contenuti autentici e di prima mano sulla Corea del Nord.

«La grande notizia è che ora il «Dipartimento Organizzativo e Disciplinare» ha preso il sopravvento», ha dichiarato Jeffrey Lewis, uno studioso di difesa e sicurezza del Monterey Institute of International Studies.
Lewis definisce la speculazione su un colpo di Stato interno «una estrapolazione terribilmente forte in quanto proveniente da dati che potrebbero essere insignificanti, comprese le relazioni di un divieto di viaggio per i residenti di Pyongyang e la presenza di guardie del corpo con Hwang durante la sua visita a Incheon».

Stando alla «tradizione», infatti solo il leader Supremo avrebbe il diritto alla protezione, non certo un funzionario, per quanto di grado apicale, come Hwang. «Penso che si tratti in ogni caso di voci plausibili, o almeno credo valga la pena prestarvi attenzione: è sicuramente un dato di fatto e interessante che Kim sia lontano dai riflettori da molto tempo», ha specificato Lewis. Qualcosa di strano sembra dunque stia accadendo.

Il mistero di Kim Yo Jong

Ed eccoci a Kim Yo Jong, la sorella di Kim. Secondo alcune fonti sarebbe lei ad avere preso in mano la situazione, decidendo la necessità di cure per Kim e prendendo momentaneamente il potere in sua vece.

Kim Yo Jong non è certo una novità per chi si occupa di Corea, per quanto le speculazioni sul paese siano sempre tante. Era già comparsa accanto al fratello nei giorni dell’investitura, ha studiato con lui in Svizzera e ricopriva già un ruolo importante nelle cariche del Partito dei Lavoratori della Corea del Nord. Kim è nata il 26 settembre 1987, è la figlia più giovane nata dalla relazione di Kim Jong-il con Ko Yong Hui. Secondo gli analisti del Paese, la giovane Kim avrebbe aiutato il fratello a preparare la sua successione al trono dinastico comunista di Pyongyang, con incarichi che ancora oggi vengono considerati «misteriosi».

Pare certo che tra i suoi ruoli ci sia, o ci sia stato, quello decisamente rilevante di ministra della Pubblica sicurezza. E in un paese che si basa sul controllo, gestire le forze di polizia potrebbe essere un vantaggio, se le cose davvero dovessero mettersi male per la famiglia.

O per organizzare un colpo di Stato, il cui primo messaggio è la riapertura di un dialogo con i coreani del Sud. Da tempo sia Pechino, sia Seul e Washington, pensano a cosa potrebbe accadere nel caso di un collasso del regime di Pyongyang.

E da sempre si è ragionato su ipotesi di cambiamento e aperture, che potessero svolgersi internamente al potere del Nord, senza troppi scossoni e violenze. Kim Yo Jong può essere dunque una risposta a queste dinamiche? Potrebbe.