migrarnoesdelito – scritto così, senza spazi e tutto minuscolo – è la password dell’ufficio dell’Albergue Hermanos en el camino a Ixtepec, stato di Oaxaca, nel sud del Messico.

Gli albergues sono delle strutture sparse lungo tutta la rotta messicana dei migranti, per lo più fondate e gestite da organizzazioni religiose o associazioni umanitarie. Sono gli unici punti in cui chi tenta di raggiungere gli Usa attraverso il vasto e insidioso territorio messicano può trovare da mangiare e un posto per dormire al sicuro. L’albergue di Ixtepec è stato fondato da padre Alejandro Solalinde. È uno degli uomini più minacciati dai cartelli della droga, per i quali i migranti sono una fonte di reddito: chi si espone troppo per i loro diritti lo fa a rischio della propria vita ogni giorno.

I migranti ritratti in questo reportage provengono da vari paesi centroamericani. Quando chiedi loro cosa li spinge ad affrontare un viaggio a rischio di assalti, rapimenti, stupri e deportazioni violente da parte della polizia migratoria messicana, senti solo le parole mara, pandillas, violencia. In paesi come l’Honduras si stimano in media 20 omicidi al giorno causati delle organizzazioni criminali (maras) che dominano incontrastate il territorio.

Anche se negli ultimi anni le rotte stanno cambiando per effetto della crescente militarizzazione della ferrovia, molti utilizzano ancora per gran parte del viaggio la «Bestia», il treno merci che percorre da sud a nord l’intero territorio messicano, fino al confine con gli Usa. Basta un colpo di sonno per cadere giù ed essere tranciato sulle rotaie. Inoltre sono frequenti assalti e sequestri. E spesso i contadini trovano i corpi mutilati dei migranti lungo i binari.

Ma durante il viaggio ogni migrante sa che dovrà passare per un piccolo villaggio di campesinos chiamato Amatlan, nello stato di Vera Cruz. Qui vivono delle donne che ininterrottamente da venti anni, giorno e notte, col sole e con la pioggia, cucinano e lanciano cibo e acqua ai migranti che passano sulla «Bestia». Lo fanno senza l’aiuto delle istituzioni e della Chiesa, alla quale però sono tanto devote avendo scelto proprio il nome della Patrona, la Vergine di Guadalupe.
Emoziona vederle all’opera quando sentono da lontano l’arrivo del treno. Ed è un’esperienza unica vedere la gioia dei migranti che si sporgono dal metallo della «Bestia» per afferrare i sacchetti, al grido di comida comida!.

 

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Leonilla, 78 anni, è la più anziana del gruppo. «Non ci siamo mai chieste chi fossero tutte queste persone che viaggiavano in quel modo. Sapevamo solo che erano persone che chiedevano cibo e non ci siamo mai stancate di aiutarle» (© Mauro Pagnano / Etiket Comunicazione)

 

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Lancio notturno per rifocillare i migranti a bordo della «Bestia» (© Mauro Pagnano / Etiket Comunicazione)

 

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Il passaggio del treno nel villaggio di Amatlan è l’unico momento piacevole di un viaggio lunghissimo e pieno di insidie, grazie al cibo donato dalle Patronas (© Mauro Pagnano / Etiket Comunicazione)

 

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(© Mauro Pagnano / Etiket Comunicazione)

 

 

L’autore di queste foto

Mauro Pagnano è nato a Napoli e vive a Caivano nel cuore di quel territorio tristemente noto come Terra dei Fuochi. Ed è proprio con un progetto sulla terra dei Fuochi che comincia a pubblicare sulle più importanti testate nazionali e straniere. Si occupa solo di progetti legati a temi sociali e crisi internazionali come le migrazioni in collaborazione con Etiket Comunicazione, agenzia di comunicazione sociale di cui è socio, che opera in un bene confiscato alla camorra a Casal di Principe. In Messico ha seguito la rotta dei migranti dal confine con il Guatemala fino al centro-nord del paese. Il progetto è ancora in itinere.