Visti da Lamezia, il Sud e la Calabria si presentano avvolti in un’opprimente cappa mafiosa. Lamezia, quarta città della Calabria, adagiata su una delle piane più fertili d’Italia, dove l’unica salvezza per tutti è lo scioglimento del consiglio comunale per «i gravi e pesanti condizionamenti della mafia». Quando il 22 novembre il consiglio dei ministri lo ha disposto per la terza volta in 26 anni, qui tutti sapevano che si sarebbe trattato di un record impareggiabile. Nell’ultimo mese, in Calabria sono stati sciolti 5 consigli comunali per ‘ndrangheta, in Italia dal 1991 i comuni deposti sono 297. Una piaga che molti, troppi, fanno finta di non vedere.

Visti da Lamezia, il Sud e la Calabria si presentano nelle vesti dell’area ex Sir, zona industriale realizzata in un’area sottoposta a vincolo ambientale. Una vicenda che si trascina dagli anni ‘70, un monumento all’abbandono di una politica fallimentare che ha significato spreco di denaro e stravolgimento di terreni di pregio faunistico e paesaggistico. Tra rifiuti industriali e bonifiche mai fatte, l’area lametina è l’emblema dello sviluppo al contrario. Ma ora c’è un nuovo allarme. La denuncia degli attivisti di Costa Nostra giace, inascoltata, sul tavolo della giunta regionale da mesi: «Da sito di pregio paesaggistico ad area agricola, da zona turistica ad ecodistretto per i rifiuti».
Visti da Lamezia, il Sud e la Calabria si presentano con il volto di don Giacomo Panizza e della sua Comunità Progetto Sud, attiva in un palazzo confiscato ai clan. «Bisogna sconfiggere la pedagogia mafiosa ed educare alla libertà» ha scritto nel suo ultimo, bellissimo libro Cattivi Maestri, edito dalle Dehoniane di Bologna. «La mentalità mafiosa si insinua nel modo di pensare comune. È la mentalità dei boss, delle donne di mafia e dei giovani in carriera nelle cosche, ma anche quella che si respira nelle relazioni, nelle parole e nei silenzi delle città».

Progetto sud, invece, non sta in silenzio ma, a viso aperto, combatte la prepotenza mafiosa. La comunità è «un gruppo di gruppi» che gestiscono servizi e iniziative sociali, promuovono politiche di cambiamento, cercano di costruire coesione e radicamento nel territorio attraverso la promozione della partecipazione ai diritti di cittadinanza delle persone vulnerabili, specie migranti. E, oggi, il palazzo di Progetto Sud si apre alla politica, ospitando il convegno: «Mezzogiorno, analisi e discussione sul Sud e la Calabria». Partecipano studiosi, ricercatori, intellettuali, giornalisti, provenienti da mezza Italia. «Il Mezzogiorno non è un blocco di indistinta miseria dominato dalla mafia – scrive lo storico Piero Bevilacqua nel documento di presentazione – E’ costituito da una moderna stratificazione sociale, che vede all’opera le classi abbienti, i ceti medi, i poveri e i poverissimi. E’ un pezzo d’Italia dove gli stessi problemi che affliggono il Paese si presentano ingigantiti: disoccupazione, deindustralizzazione, impoverimento dei ceti popolari, criminalità, disgregazione del territorio. E tuttavia esiste una “questione Sud”. E per affrontarla occorre fornirne un’immagine non stereotipata proponendo una indicazione di prospettiva».

«Occorrerebbe ridiscutere del Sud, in modo scientifico, culturale, metodologico. Pensiamo ad uno strumento istituzionale leggero, ma stabile, una sorta di Osservatorio del Sud – ci spiega Gianni Speranza, sindaco della ’primavera di Lamezia’ dal 2005 al 2015 – un comitato rappresentativo dei vari raggruppamenti culturali attivi nel Mezzogiorno, che si riunisca ogni sei mesi per monitorare le criticità, le cose positive, uno strumento di analisi per la trasformazione e la costruzione di un altro Sud». Appuntamento oggi dalle 10 alle 18 nella Sala Sintonia Progetto Sud.
Silvio Messinetti