«Sulla vicenda delle statue dei Musei Capitolini coperte in occasione della visita del presidente iraniano Rohani dovete chiedere a Palazzo Chigi. La misura non è stata decisa da noi, è stata un’organizzazione di Palazzo Chigi non nostra». Questo il comunicato della Sovrintendenza del Campidoglio ai Beni Culturali diffuso mercoledì dall’Ansa. Sembra cadere dalle nuvole anche il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, il quale fa sapere che né lui né Matteo Renzi erano stati informati. Ma allora, chi ha «incastrato» Claudio Parise Presicce?

Il Sovrintendente comunale, raggiunto al telefono da il manifesto, non gradisce rilasciare dichiarazioni. La Sovrintendenza Capitolina – istituita già nel 1872 col nome di Commissione Archeologica Comunale e seguita nel 1900 dal Comitato di Storia ed Arte e dalla Commissione per la conservazione delle mura – gestisce, mantiene, valorizza i beni archeologici, storico-artistici e monumentali di proprietà di Roma Capitale. Nell’ambito delle sue funzioni, Parise Presicce risponde dunque innanzitutto al Comune di Roma, attualmente retto dal commissario prefettizio Francesco Paolo Tronca.

Secondo indiscrezioni trapelate durante la visita di Hassan Rouhani al Colosseo, sarebbe stato lo staff del presidente iraniano a chiedere di coprire i nudi, per il timore che – in prossimità della campagna elettorale – potessero circolare foto «compromettenti», suscettibili di riprovazione da parte dell’ala più intransigente del paese. Lo stesso Rouhani, tuttavia, fa sapere in conferenza stampa che si tratta di un caso giornalistico e che gli italiani sono un popolo molto ospitale. Mentre le istituzioni si rimpallano le responsabilità, esponenti di destra diventano improvvisamente strenui difensori del patrimonio. Matteo Salvini approfitta della Giornata della memoria per accusare Renzi di essere il burattino ipocrita di Rouhani, l’uomo che vorrebbe cancellare Israele dalla faccia della terra.

Giorgia Meloni parla invece di «sudditanza culturale» del premier. Nessuno – né a destra né a sinistra – ha però il coraggio di dire da dove sia partito l’ordine al quale Parise Presicce – che oltre ad essere il Sovrintendente comunale è anche il direttore dell’Unità Organizzativa Musei Archeologici e Polo Grande Campidoglio – avrebbe potuto opporre legittima resistenza. Sia nel caso di un’imposizione della Presidenza del Consiglio che di una disposizione del Prefetto, ci troveremmo dunque di fronte a un pericoloso precedente. La tutela del patrimonio non prevede infatti «censure ideologiche» e l’articolo 9 della Costituzione italiana sancisce che la Repubblica promuove lo sviluppo e non il regresso della cultura.

Se qualcuno pensava che malgrado la recente riforma del Mibact il potere dei Soprintendenti non sarebbe stato sottoposto a quello del Prefetto, ciò che è accaduto ai Musei Capitolini il 26 gennaio mostra che archeologia e arte possono essere asservite, eccome, alle logiche della politica. Da Pompei a Roma, siti archeologici e musei sono diventati ormai scenografie autorizzate (e oscurate) per la propaganda di Stato.