Indagare in profondità il Paese che ha prodotto Trump per tentare di capire cosa potrà e dovrà fare il suo successore alla Casa Bianca per impedire che quel fantasma, anche se sotto mutate spoglie, possa tornare a bussare pericolosamente alla porta della democrazia americana. È un’immersione totale, senza filtri, nella realtà sociale statunitense, accompagnata da buone letture e da un valido apparato di analisi e ricerche, quella che compie Giovanna Pancheri in Rinascita americana (Sem, pp. 252, euro 18).

GIORNALISTA di Sky Tg 24, già corrispondente da Bruxelles e, dal 2016, dal Nord America, autrice di Il buio su Parigi (Rubbettino, 2017), Pancheri racconta in un lungo reportage appassionato e inquieto il volto di un Paese ferito e in crisi dove la rabbia e il risentimento hanno messo radici profonde che, malgrado la vittoria di Joe Biden, sono tutt’altro che destinate a scomparire in breve tempo.

L’indagine si sposta da un capo all’altro dell’America per raccontare prima di tutto quel «popolo di Trump» fatto «principalmente di maschi bianchi, fiero ma che non sorride, non arrabbiato ma deluso, cresciuto nel mito del sogno americano ma che, con la crisi del 2009, ha avuto in molti casi un bruttissimo risveglio». Milioni di persone che si sono sentite improvvisamente ai margini e questo nel bel mezzo di una società costruita sul pilastro del successo e dove il fallimento non è contemplato. Da qui, la più grande rivolta della storia recente contro «la palude» di Washington e «i nemici del popolo» identificati nei media come nelle élite.

Ma il viaggio di Pancheri si muove sulla cartina degli States come attraverso gli ultimi quattro anni, mettendo a confronto il clima nel quale si è generata l’insorgenza populista di cui Donald Trump è diventato l’emblema, con gli esiti delle politiche, delle scelte come delle non scelte adottate dalla sua amministrazione.

Cosciente che è da qui, dalla necessità di intervenire e dare risposte a temi che vanno dal lavoro all’economia, dal razzismo all’immigrazione, dalla sicurezza all’ambiente, per non parlare della sanità e di quella pandemia che ha almeno in parte deciso dell’esito del voto di novembre – tutti argomenti approfonditi in altrettanti capitoli del volume -, che si giocherà anche il futuro della presidenza Biden. Il candidato democratico si è imposto con 80 milioni di voti, ma Trump, sconfitto, ne ha comunque raccolti 74 milioni, più di quelli che lo avevano portato alla Casa Bianca.

PER QUESTO, sottolinea Pancheri, «non si deve fare l’errore di pensare che gli ultimi quattro anni siano una macchia nera che scompare tra i mille filamenti rossi, bianchi e blu della bandiera a stelle e strisce» o che «il popolo di Trump» sia composto solo da pochi isolati bianchi razzisti e non da uomini e donne provati dalle sfide quotidiane.

Solo a partire dalla consapevolezza di ciò che è accaduto, si potrà così immaginare e costruire un avvenire diverso. Senza dimenticare che «Trump ha vinto proprio perché ha avuto l’intuizione di cogliere, seppure con cesoie e tagli netti, i frutti dei semi della disillusione, i frutti più amari nel giardino della Speranza, ma gli unici in grado di definire, nel bene e nel male, una Nazione».