Il sogno del candidato indigeno Yaku Pérez di giocarsi al ballottaggio con Andrés Arauz la presidenza dell’Ecuador è andato sfumando di ora in ora.

IL SORPASSO da parte del banchiere Guillermo Lasso è avvenuto mercoledì e, da quel momento, il seppur minimo vantaggio del candidato di destra non ha smesso di consolidarsi (fino al 19,70% contro il 19,46%), rendendo sempre più remota – benché ci vorrà ancora del tempo per il risultato definitivo – l’ipotesi di un contro-sorpasso. Già qualche ora prima, del resto, Pérez aveva commentato: «Con questo ritmo è ovvio che Lasso mi supererà».

Ma, a fronte di diverse irregolarità denunciate dai delegati di Pachakutik (il braccio politico della Conaie, la Confederazione delle nazionalità indigene dell’Ecuador), aveva anche avvertito: «Continueremo a vigilare in maniera permanente esigendo dal Consiglio nazionale elettorale trasparenza, onestà e rispetto della volontà popolare». Insieme al banchiere, a rallegrarsi del sorpasso è sicuramente Rafael Correa, il quale, martedì, in un’intervista concessa all’agenzia Efe, aveva denunciato presunte manovre a sostegno di Pérez da parte del Cne, il quale, scrutinando per prime le schede della Sierra, dove il candidato indigeno è più forte, avrebbe mirato, secondo l’ex presidente, a «gonfiare artificialmente» il suo risultato per poi «creare uno scenario di violenza e instabilità».

DAI SETTORI che sostengono Correa sono partite del resto accuse a raffica contro Pérez, arrestato cinque volte sotto il governo della «Revolución Ciudadana»: di essere il candidato degli Usa o il cavallo di Troia dei neoliberisti, di fare il gioco della destra e addirittura di non essere un vero indigeno.
Accuse, quelle di dividere la sinistra o di farsi manipolare dalle forze conservatrici, che parti del mondo indigeno si sono sentite peraltro ripetere spesso durante le loro proteste anti-estrattiviste contro l’ex presidente.

DI CERTO, PER ANDRÉS ARAUZ è molto meglio affrontare al ballottaggio Lasso piuttosto che Pérez. Se infatti quest’ultimo avrebbe potuto attrarre su di sé il grosso del voto anti-correista, da Izquierda Democrática fino alla destra, per Lasso tale operazione si annuncia assai più difficile.

Perché all’interno del movimento indigeno, schierato in buona parte con Yaku Pérez ma con più di un malumore a causa del mancato processo collettivo di definizione della sua candidatura, vi sono settori – come quelli legati allo stesso presidente della Conaie Jaime Vargas o al leader della rivolta dell’ottobre 2019 Leonidas Iza – meno ostili ad Arauz rispetto al candidato scelto da Pachakutik.

E, più in generale, tra le fila della sinistra non correista, quella che si è sentita tradita dall’ex presidente a causa dell’abbandono da parte di quest’ultimo degli aspetti più innovativi della Costituzione del 2008 – il “buen vivir”, i diritti della natura, la plurinazionalità – potrebbero non essere pochi quelli pronti a votare il delfino di Correa piuttosto che consegnare il paese a un banchiere.