Ariane Mnouchkine, regista di teatro e di cinema francese, è la prova di come il sogno utopistico di una sola persona possa tra­sformarsi in realtà concreta e vivente. Difatti, cinquant’anni fa, il Théâtre du Soleil e qualche anno dopo la Car­toucherie sono stati fondati attraverso la difficile e coraggiosa ricerca di una «verità teatrale».

Il confronto, serrato e rigoroso, è stato con le tradizioni del passato – dalla tragedia greca alla Commedia dell’Arte, dalle opere di Shakespeare e Molière alle tecniche dei teatri orientali, dalle maschere della tradizione Ba­linese al teatro Nō giapponese – il tutto teso al raggiungimento della creazione della «commedia del nostro tempo». La Mnouchki­ne non dimentica però che il proprio magistero deve necessaria­mente ancorarsi a forti valori etici e politici che cortocircuitino le barriere culturali e religiose contemporanee al fine di esprime­re le passioni, le paure e l’amore dei nostri contraddittori anni.

Fin dall’inizio, Ariane Mnouchkine si è distinta nella necessità di espressione collettiva. I principi ispiratori sono nelle teorie tea­trali di Jean Vilar, Bertold Brecht, e soprattutto di Antonin Artaud per «la centralità accordata all’attore e i riferimenti costanti ai teatri asiatici». E il suo cinema crea e innesta in tale imbuto critico, un «punto di vista» che non è la mera ripresa cinematografica, televisiva o video dello spettacolo, ma l’invenzione di un nuovo e imprevedibile originale come l’ultimo film, Les Les Naufragés du Fol Espoir, tratto dall’omonimo spettacolo realizzato dopo una sottoscrizione e circa tre anni di riprese.

Questa è dunque la prospettiva dalla quale è partito il Piccolo Teatro di Milano nell’organizzare i festeggiamenti dei 50 anni della fondazione del Theatre du Soleil che hanno riportato in Italia, dopo moltissimi anni e in mezzo al debutto del suo “Macbeth” («uno che sembra far colazione ogni mattina con Freud»), la sua fondatrice e con lei il Theatre Aftaab di Kabul, la compagnia più prossima al leggendario Theatre du Soleil che sta portando in scena La ronde de nuit, piece che esplora sulle suggestioni della Mnouchkine la possibilità di fare teatro in modo totalizzante e a stretto contatto con la realtà e le persone, vivendo la bellezza e le storture del quotidiano, a qualsiasi latitudine, senza distinzione di classe, provenienza e sesso come fossero parte integrante della costruzione esistenziale e morale della persona.

Come non è un caso che sia proprio il Piccolo Teatro ad ospitare la Mnouchkine. Qui, infatti, con la presenza della regista franco-russa si è potuto comprendere la grandezza trascorsa, che si tende a replicare, sia del teatro milanese sia suoi grandi «inventori», Giorgio Strehler e soprattutto Paolo Grassi. La creatrice di spettacoli diventati con il tempo mitici come 1789 ha ricordato nell’incontro dedicatole allo Strehler come proprio l’aver assistito all’Odeon di Parigi all’allestimento dei pirandelliani Giganti della Montagna del regista triestino l’avesse convinta a non intraprendere una strada che vedeva senza via d’uscita.

«Strehler sembrava in quello spettacolo aver occupato interamente lo spazio teatrale e io non sapevo cosa fare. Eppure era stato il teatro di Strehler a farmi intraprendere la carriera». Qualche tempo dopo, ancora il Piccolo entrò nella vita della Mnouchkine e fu Paolo Grassi alla fine degli anni sessanta ad invitarla ed in un certo senso a farle acquisire quella notorietà che ancor oggi la accompagna in ogni sua attività. Lo stesso Grassi le commissionò al tempo della sua presidenza alla Rai, il Moliere che resta il suo capolavoro cinematografico-televisivo.