Via dagli Stati uniti, dalla Major League Soccer. Dalla vita costruita pezzo dopo pezzo, partita dopo partita, da quando aveva 11 anni, arrampicatosi oltre il confine messicano nel giorno del suo compleanno assieme a mamma Carmen, lontano dai proiettili che si scambiano i cartelli della droga a Ciudad Juarez. Miguel Aguilar è da due anni uno dei cardini dei Los Angeles Galaxy, una delle squadre più glamour del calcio statunitense, la casa di David Beckham prima, di Steven Gerrard sino a qualche mese fa. Non un fenomeno ma con carriera in ascesa, vive negli Usa da 12 anni, è uno dei quasi 900 mila abitanti del Paese che non hanno scelto di viverci, portati dai genitori e che grazie al programma DACA (Deferred Action for Childhood Arrivals) dell’amministrazione Obama hanno potuto ottenere permessi di lavoro. Ora rischia l’espulsione, i titoli di coda, per volere dell’amministrazione Trump, che ha decretato la fine del programma.

Si tratta di un provvedimento, il DACA, che ha reso immuni dalle espulsioni gli immigrati irregolari arrivati negli Stati uniti da bambini, con la possibilità di mettere in tasca un pezzo di carta per restarci, senza ottenere la cittadinanza americana. In poche parole, consentendo agli immigrati irregolari arrivati negli Stati Uniti prima del 2007, avendo meno di 15 anni all’epoca dell’arrivo, meno di 31 anni nel 2012 (anno dell’approvazione del provvedimento voluto da Obama) e con fedina penale pulita di non essere perseguiti dalla Polizia di frontiera. Il progetto originario che ha portato al DACA si chiamava DreamAct, disegno di legge mai approvato dal Congresso, che concedeva la cittadinanza agli immigrati irregolari per i bambini arrivati negli Stati Uniti, senza colpe per le scelte dei genitori e che avevano conosciuto un solo Paese. Forse troppo anche per i Democrat, Obama virava subito sul DACA. Ma i destinatari sono da allora chiamati Dreamers. Ora Aguilar, che è il primo atleta professionista ad aver usufruito del programma, è a rischio. Trump ci ha dato un taglio, stop dal 5 marzo 2018. E ha già chiesto al Congresso di rimpiazzare il programma con una nuova legge prima della sua fine ufficiale.

Nessun immigrato irregolare potrà più chiedere di finire sotto il cappello del DACA. Per un’altra stretta del governo dell’inquilino della Casa Bianca,  che sembra voler continuare dopo «il muro» nella sua personalissima lotta contro i messicani. «Vedo tante persone nelle mie stesse condizioni, è motivo di grande preoccupazione» ha spiegato il calciatore dei LA Galaxy al Los Angeles Times. Al quotidiano della città degli angeli il messicano ha raccontato della sua vita,dai sacrifici della madre, dal papà che non ha lasciato il Messico con lui, sino alla carta verde richiesta dopo il matrimonio con una ragazza delle Hawai dopo il college a San Francisco, il primo passo verso la cittadinanza nel Paese che l’ha visto crescere, studiare, affermarsi a livello professionistico. Un percorso che rischia di finire all’aria con pochi tweet presidenziali.