Pochi minuti prima delle 15 il boato che ha scosso la zona del Foro romano, a venire giù il tetto della chiesa di San Giuseppe dei Falegnami, a Roma. L’edificio, costruito tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, sorge sul Carcere mamertino, realizzato nell’VIII-VII secolo a.C. Al momento del crollo la chiesa era chiusa al pubblico. Il vescovo Daniele Libanori, che abita accanto, è stato svegliato dal fragore. «Abbiamo sentito un boato spaventoso e visto una nuvola di fumo – ha raccontato ieri il vigile urbano che era in zona -. Sono sceso giù, dentro il Carcere mamertino c’era il personale e i turisti. Li ho fatti uscire immediatamente».

LA CHIESA di solito è chiusa perché la confraternita da cui deriva non è più attiva e non ha una comunità di fedeli di riferimento, viene però utilizzata per i matrimoni: gli ultimi a luglio, il prossimo era in programma domani. «Per fortuna non ci sono feriti ma poteva essere una strage – ha commentato il vescovo Libanori -. Nella chiesa c’è una costante manutenzione ma mi avevano detto che si era accumulata parecchia polvere sulle travi». La procura di Roma è in attesa di una prima informativa dei Vigili del fuoco, dopo il deposito dell’atto verrà aperto un fascicolo di indagine, l’ipotesi di reato potrebbe essere crollo colposo.

«È VENUTO GIÙ quasi tutto il tetto. Alcuni frammenti hanno colpito una parte dell’altare. Una trave potrebbe aver lesionato anche il carcere Mamertino», l’allarme è arrivato dai tecnici dei pompieri. Le immagini erano da post sisma: monconi di travi in legno e calcinacci accumulati al centro della chiesetta. La prima buona notizia l’ha data nel pomeriggio il soprintendente speciale di Roma, Francesco Prosperetti: «Nessun danno al Carcere mamertino. Tra la chiesa e il carcere c’è la cappella del Crocifisso, che ha fatto da cuscinetto e non ha ricevuto danni». L’allarme era stato altissimo poiché il Carcer Tullianum è il più antico di Roma: vicino alla Via Sacra nel Foro, vi venivano reclusi i prigionieri illustri, in epoca neroniana si ritiene che vi siano stati incarcerati anche gli apostoli Pietro e Paolo.

PROSPERETTI spiega: «È una cosa grave e totalmente inaspettata. Non c’era stato dato nessun segnale. Si è trattato probabilmente di un cedimento strutturale: c’è una tragica somiglianza con Genova, un tirante che ha ceduto. L’unica ipotesi possibile, perché la portanza della capriata è affidata a una catena. Ci auguriamo che il collasso non abbia distrutto in maniera irreparabile il prezioso soffitto a cassettoni di legno intagliato, di grandissimo pregio. Per fortuna l’analogo soffitto della confraternita, che è attigua alla chiesa, è rimasto intatto. Un milione di euro la prima stima dei danni».

INDENNI LE TELE sulle pareti, inclusa l’opera di Carlo Maratta del 1650, il dipinto di maggior pregio della chiesa. «L’edificio era stato interessato da alcuni lavori sulla facciata – ha spiegato ancora Prosperetti -. Dopo il terremoto di Amatrice facemmo un censimento delle chiese danneggiate ma non vi erano stati problemi per questa. Probabilmente, per il pregevole soffitto a cassettoni del Seicento, non si sono potute esaminare le capriate». Sull’ipotesi che possano essere stati i lavori per la metro C, «è troppo presto per stabilire le cause» ha replicato il responsabile dell’unità di crisi del ministero dei Beni culturali, Fabio Carapezza Guttuso.

LA PROPRIETÀ della chiesa è del Vicariato, che avrebbe dovuto eventualmente dare l’allerta al Mibac, ma il suo ufficio tecnico ieri ha commentato: «Il crollo è avvenuto improvvisamente, senza alcun segno premonitore». La tutela è di competenza della Soprintendenza archeologica (che sovrintende ai progetti di ristrutturazione e restauro), al Parco del Colosseo compete invece il sottostante Carcere mamertino. Una divisione voluta dalla riforma Franceschini, che non aiuta nella gestione dei beni anche perché la stessa riforma ha ridimensionato le soprintendenze. I costi dovrebbero essere a carico del Vicariato ma il Mibac e il Fondo per gli edifici di culto (gestito dal Viminale) possono intervenire con progetti speciali. «Ogni tentativo di minimizzare è criminale – ha commentato lo storico dell’arte, Tomaso Montanari -. Aver fatto a fette la tutela di Roma, moltiplicando e dividendo enti, è contrario alla natura di questi oggetti che sono collegati».

UNA RICOGNIZIONE puntuale dei danni si potrà fare solo dopo la messa in sicurezza. Prioritario installare una copertura per proteggere il sito dalle piogge. San Giovanni in Laterano ospiterà il dipinto di Maratta. Quindi si potrà valutare quanto è recuperabile il soffitto e stilare un progetto. «Quello che non riusciamo a stimare – conclude Prosperetti – è il tempo necessario alla riapertura almeno del Carcere mamertino. I Vigili del fuoco stanno operando la messa in sicurezza. Le opere d’arte saranno ricollocate a cura del Vicariato. A noi spetterà la sorveglianza del lavoro di trasporto».