Perché, si è domandato Michel Winock, la Francia non ha mai avuto – come la Germania, l’Austria o i paesi scandinavi – una socialdemocrazia? Perché secondo i francesi, che hanno fatto la Grande Rivoluzione e poi altre successive rivoluzioni, la socialdemocrazia è una «deformazione» del socialismo: è il socialismo che si rende subalterno alla logica capitalistica (M. Winock, «La gauche en France», Perrin, Paris, 2006, p. 195 ). Oggi Hollande si autodefinisce socialdemocratico ma l’Economist si è chiesto se non sia divenuto liberale(«Francois Hollande, liberal?», The Economist 11.1.2014). Da tener presente che per i socialisti francesi – come per i socialisti e comunisti italiani a partire dalla giravolta del 1947 di Giuseppe Saragat – il termine socialdemocratico è sempre stato ritenuto un’ingiuria (M. Winock, op. cit.). Oggi l’Hollande, socialdemocratico o liberaldemocratico che si colloca sempre più dalla parte degli imprenditori è contestato non solo da tutta la sinistra a sinistra del partito socialista francese (Psf), ma anche dalla sinistra interna al Psf: da Emmanuel Maurel, da Marie-Noelle Lienemann e da molti altri(Bastien Bonnefous, «La mise en garde de l’aile gauche du PS è M. Hollande», Le Monde 11.2.2014). Contestato da un terzo del suo partito – contestato, in particolare, il suo «patto di responsabilità». In un documento della sinistra del partito si legge: «Non ci riconosciamo in un progetto che tende a fare dell’abbassamento del costo del lavoro la condizione di un ritorno alla crescita». La sinistra del Psf vuole un rassemblement de la gauche che includa Jean-Luc Mclenchon e i comunisti; vuole una sinistra vera, decente; combatte il tentativo di Hollande di trasformare il Psf, che ha una sua precisa tradizione, in un partito socialdemocratico o liberaldemocratico, o «democratico» tout court, o «atlantico».

L’Hollande socialdemocratico si colloca, naturalmente, sempre più dalla parte degli imprenditori, impone alla sinistra la «scelta imprenditoriale» («Hollande impose à la gauche le choix de l’entreprise», Le Monde 16.1.2014), scombussola la sinistra e disorienta la destra – ma anche gli imprenditori diffidano di lui. Oggi si colloca da una parte, domani lo si trova dall’altra: va a destra e a sinistra, come una banderuola. Ma Hollande scombussola la sinistra anche con la sua politica estera in continuità con quella di Nicolas Sarkozy (da ricordare la celebre frase del neocolonialista Sarkozy che ha fatto il giro del mondo: l’uomo africano non è ancora entrato nella storia). Di politica estera Hollande sa ben poco, come gli ha rimproverato Sarkozy nel corso della campagna presidenziale: guerra in Mali in violazione della legalità internazionale (Guerre au Mali et la legalité onusienne», Le Monde 28.1.2013, editoriale). Guerra in Centrafrica: Francois Hollande nel cuore del caos centrafricano (Cyril Bensimon, «Francois Hollande au cœur du chaos centrafricain», Le Monde 11.12.2013). Massacri: oggi la situazione è fuori controllo e Hollande chiede aiuto all’Unione Europea, pronta a concederlo. In Africa Hollande si muove da incompetente, e l’Ump ha criticato duramente la sua incompetenza («La méthode Hollande en Afrique», (Le Monde 27.1.2013). Un pericoloso ritorno al colonialismo d’antan, come scrive Bertrand Badie («Le Monde» 25.1.2013). E l’Unione europea tace e acconsente.

Dell’Unione Europea dobbiamo discutere anche per il suo comportamento in Ucraina (Tommaso Di Francesco, «Kiev, un triste carnevale», il manifesto del 2 marzo). Il discorso di fondo da affrontare: l’Unione Europea, in alleanza Nato, favorisce la pace o le guerre? Che cosa ne dice il «compagno» Martin Schulz?