Al centro delle operazioni più delicate c’era sempre lui, Luigi Pelaggi. Avvocato calabrese, ex dirigente di Confindustria e consulente di alcune grandi aziende come Telecom, Pirelli e Ferrovie dello Stato, nel 2010 era stato nominato commissario delegato alla bonifica dell’«ex Sisas» di Pioltello Rodano dall’allora ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo (di cui era anche capo della segreteria tecnica). È lui che ha permesso, secondo i magistrati di Milano, di classificare illecitamente i rifiuti pericolosi provenienti dal Sito inquinato nazionale (Sin) di Pioltello Rodano – in alcuni casi declassificando le scorie da pericolose a non pericolose – facendo lievitare gli affari della Daneco Impianti di Francesco Colucci e di altri colossi dello smaltimento rifiuti in Lombardia. E concludendo in gran fretta la rimozione dei veleni di Pioltello, prima che arrivasse la sanzione milionaria promessa dall’Europa per la mancata bonifica. Una bonifica delicata di rifiuti troppo pericolosi, fuligine e nerofumo contenente mercurio, provenienti dalle discariche «A» e «B» dell’area ex Sisas, che non potevano nemmeno finire allo smaltimento e sono stati invece in parte esportati via nave alla discarica andalusa della società «Befesa» a Nerva (Spagna), in parte smaltiti in alcuni impianti lombardi. Come le discariche del gruppo Systema Ambiente di proprietà dell’avvocato romano Manlio Cerroni, il re dei rifiuti arrestato il 9 gennaio scorso per associazione a delinquere e traffico di rifiuti nella gestione della «monnezza» romana.

Un affare che è valso al gruppo bresciano di Cerroni guadagni per svariati milioni di euro. Grazie alla compiacenza del commissario alla bonifica Pelaggi e di altri funzionari, come emerge nell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Milano, alla discarica Valseco di Montichiari (Brescia) sono finiti 10.339 tonnellate di rifiuti pericolosi provenienti dall’ex Sisas classificati con un codice rifiuti giudicato fasullo dagli inquirenti, per mascherare la reale pericolosità delle scorie: non si trattava di semplici «rifiuti derivanti dalla bonifica di terreni contenenti sostanze pericolose» (Cer 191301) bensì «fuligine» (Cer 061305) con un valore di carbonio organico totale superiore al 6%, una condizione che non permette lo smaltimento in discarica.

Altre 7.500 tonnellate di «fuligine» sarebbero state mandate, sempre con lo stesso sistema, alla discarica Sotris di Ravenna. Il tutto con il coinvolgimento del direttore generale dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Lombardia, Umberto Benezzoli, del direttore del dipartimento Arpa di Brescia Giulio Sesana, e di due funzionari della Sogesid (l’azienda pubblica per le bonifiche di proprietà del ministero dell’Ambiente e delle Infrastrutture): il direttore generale Fausto Melli e il direttore operativo dell’area ex Sisas Luciano Capobianco. A giocare un ruolo importante, secondo i magistrati, è il direttore dell’Arpa Lombardia Umberto Benezzoli il 23 febbraio 2011 quando firma, insieme al direttore di Brescia Giulio Sesana, un parere tecnico che dà il via libera a misurazioni non previste dalla normativa italiana (prese in prestito dagli impianti tedeschi).

Un parere fondamentale per determinare il valore del carbonio presente nei rifiuti diretti alla Systema Ambiente, e che si basava su sperimentazioni e “dati ottenuti e posti a disposizione del laboratorio Crc di Montichiari, totalmente controllato dalla Systema Ambiente” (la società che doveva ricevere i rifiuti). Un’operazione che è valsa alla Systema profitti per circa 1.640.000 euro.
Il gruppo bresciano dell’avvocato Cerroni avrebbe gestito illecitamente anche altre 21.868 tonnellate di rifiuti pericolosi (nerofumo) declassificati però alla categoria di “speciali non pericolosi” e gestiti nell’impianto Transeco di Inzago, in provincia di Milano.