Torna, con il caso Antonio Conte, la mai cessata diatriba sui concorsi universitari: l’opinione diffusa è che il sistema universitario, in merito alle assunzioni, è un sistema corrotto. È proprio così? La mia risposta (per quanto paradossale) è che questa opinione diffusa sia al tempo stesso vera e falsa. Generalmente colui che vince un concorso è affiliato a una qualche scuola di pensiero che ha i suoi illustri (o meno) rappresentanti nella commissione esaminatrice, i quali, a riprova della buona volontà del candidato nello sceglierli come suoi maestri, si daranno da fare per premiarlo, ovvero per rafforzare la loro scuola di pensiero.

Se è così allora è inutile invocare il «trucco» perché sfogliando i resoconti di quel concorso prenderemo solo atto che quel candidato è comunque idoneo (anche se magari meno brillante dei suoi concorrenti). I casi in cui vince un candidato che non ha i titoli e meriti, sono piuttosto rari e comunque percentualmente irrilevanti. Nella maggioranza dei casi il problema è l’affiliazione ad una qualche scuola di pensiero (chiamiamola così). Se sei «orfano» allora rischi di non vincere poiché i tuoi lavori (ancorché pregevoli e meritevoli) non trovano accoglienza nella comunità: sei un cane sciolto e dovrai trovare, caso per caso, alleanze e padrini. Insomma, a ben vedere, quella dei concorsi universitari potremmo chiamarla una cooptazione mascherata.

LA COOPTAZIONE è un sistema che funziona in altri paesi. Negli Stati Uniti, per esempio, conta molto la lettera di presentazione che del candidato fanno docenti illustri di università sparse nel paese. Da noi si chiama «raccomandazione» e gli si attribuisce un valore negativo, quasi una indebita pressione per far vincere quel candidato. Ma il confronto con gli Stati uniti è fuorviante perché da noi c’è il concorso e non la cooptazione diretta da parte dell’università (la quale, nei paesi dove è praticata, comporta anche un’assunzione di responsabilità da parte di chi coopta). In realtà, al di là della forma, direi che il nostro è un sistema mascherato: certo c’è il concorso ma sotto sotto anche la cooptazione. Per superare il concorso devi essere bravo, ma non basta, devi anche essere affiliato a una scuola di pensiero con tanto di maestri altrimenti un altro candidato bravo quanto te (o meno) potrebbe passarti avanti.

È questo il «trucco» che sul piano giuridico non è perseguibile perché non comporta alcun reato (a meno di forzature scandalose). Rispetto a due candidati più o meno egualmente meritevoli, la commissione riterrà maggiormente meritevole quello che è più vicino al pensiero dei commissari, una sorta di cooptazione, dunque contro la quale non c’è alcun rimedio (il parere della commissione è insindacabile fatta eccezione la parte amministrativa e la regolarità degli atti formali).

Le ingiustizie, a ben vedere, si consumano sul piano della lotta tra scuole di pensiero e non sulla irregolarità del procedimento. E siccome, nel caso di ricorsi, il Ministero indaga solo sulla procedura degli atti, sarà sempre molto difficile dimostrare che aveva più titolo a vincere il concorso il candidato perdente.

DUNQUE NON C’È ALCUN bisogno di ricorrere ai concorsi truccati (ce ne sono, beninteso, ma ripeto sono pochi), basta organizzare bene la commissione esaminatrice. È quasi un delitto perfetto: l’omicidio in qualche caso c’è ma non l’assassino. Rispetto a questa situazione il Ministero ha più volte modificato i criteri del concorso e, in particolare, le modalità di scelta e formazione della commissione esaminatrice (nomina da parte della Facoltà, sorteggio, metà sorteggio e metà stabiliti dalla Facoltà o dal Ministero, ecc.). Ma il risultato non cambia perché di volta in volta, si formano cordate di docenti esaminatori in accordo tra loro per premiare i loro adepti.

POI CI SONO I CONCORSI «per trasferimento» (il caso del nostro Premier). Una certa Facoltà decide di destinare parte dei suoi fondi non a promuovere di grado un proprio docente ma a «chiamare» un docente di un’altra Facoltà. In genere per fare questo si invoca il diritto-dovere della Facoltà di accrescere il proprio prestigio o di colmare un’area disciplinare rimasta senza docenti ordinari. Il concorso è libero e può parteciparvi chiunque, ma anche in questo caso, o principalmente in questo caso, la Facoltà, o il gruppo che ha maggiormente premuto per ottenere il bando di concorso, ci tiene a far «chiamare» un particolare docente e non uno qualsiasi (ancorché meritevole anch’esso).

In sostanza a nulla (o quasi) serve vigilare più attentamente sulle procedure concorsuali, o cambiare le norme per fare i concorsi. Il sistema della cooptazione rimane occulto (nel male, così come anche qualche volta nel bene) e non soggetto a illeciti giuridici. Il problema sarebbe quello di bandire con regolarità più posti di docente, perché se questi diventano sempre più rari, più grande sarà la lotta tra le scuole per assicurarsene e maggiori le pressioni sulla commissione esaminatrice. Ma questa è un’altra storia di cui nessuno se ne occupa più.

Va detto, per onestà, che commissioni esaminatrici che guardano solo ai titoli e ai meriti ce ne sono sempre e che molto spesso vincono candidati anche «orfani», ma questa non è, purtroppo, la regola.