Ussita non c’è più. Letteralmente. Il sindaco Marco Rinaldi l’ha comunicato ieri pomeriggio durante un’assemblea che ha visto coinvolti tutti e quattrocento gli abitanti del piccolo paese del maceratese. Tutta zona rossa, frazioni comprese: dopo aver cominciato ieri, anche oggi i vigili del fuoco visiteranno ogni casa e comunicheranno ai cittadini che non possono rimanere lì e che devono spostarsi altrove, da amici o parenti se ne hanno la possibilità, altrimenti c’è posto negli alberghi della costa adriatica. La decisione non ha precedenti: almeno per i prossimi due mesi Ussita sarà un paese fantasma, popolato soltanto di giorno da tecnici e operai che lavoreranno per mettere in sicurezza tutti gli edifici. Qui, a dirla proprio tutta, di cedimenti strutturali dopo la doppia scossa di mercoledì scorso non ce ne sono stati troppi, ma lo sciame sismico ancora in atto preoccupa molto e così si è deciso di trasferire tutto il paese fino a quando i cantieri resteranno aperti.

I comuni colpiti dal terremoto in provincia di Macerata sono una ventina, per un totale di oltre quattromila sfollati: nessuna vittima e pochissimi feriti lievi, ma i danni alle cose sono stati parecchi, tra case sventrate, chiese e torri abbattute ed edifici pubblici lesionati in maniera più o meno grave. Il copione è lo stesso messo in scena già due mesi fa tra Amatrice, Accumoli, Arquata e i vari paesi dell’alta vallata del Tronto, con un particolare in meno, però: niente tendopoli, perché l’inverno è alle porte e proprio non è proponibile una sistemazione del genere in una zona sostanzialmente di montagna. Per questo comuni e protezione civile stanno lavorando senza sosta per sistemare tutti quanti negli hotel a disposizione nelle località turistiche marchigiane, che a ieri sera avevano già accolto 1.600 persone, dato che Federalberghi definisce «in costante crescita».

Il presidente del consiglio Matteo Renzi, com’è noto, ha promesso che tutto sarà ricostruito nel più breve tempo possibile, anche se resta assai probabile che nei prossimi mesi vengano messe in piedi le casette provvisorie in legno: nelle province di Ascoli e Rieti saranno pronte per i primi mesi dell’anno nuovo, nel maceratese si spera di riuscire a inserirsi nello stesso filone temporale. Inizialmente si era parlato di aprile come mese in cui tutto sarebbe stato pronto, ma da una recente riunione tra i sindaci, la protezione civile e il commissario è venuto fuori che le abitazioni provvisorie potrebbero essere ultimate in anticipo, forse già a febbraio. Il commissario Vasco Errani, con il consueto tono di chi non vuole promettere niente, si limita a ripetere che ogni cosa verrà fatta nel minor tempo possibile.

Da mercoledì scorso le repliche del terremoto sono state oltre 700, alcune delle quali hanno superato i quattro gradi sulla scala Richter e sono state avvertite a distanza di centinaia di chilometri dall’epicentro. Intorno all’Appennino la notte si fa fatica ad addormentarsi, tanta è la paura di ripiombare in un incubo dal quale non si è mai realmente usciti. Gli esperti dicono che ci sarà da tremare ancora per diversi mesi e non ci si può che rassegnare a questo fatto: i terremotati lo sanno e ormai riescono quasi ad affrontare la loro situazione con ironia, sorridendo quando in televisione passano le immagini di lampadari che ballano a Roma, come se l’epicentro fosse lì. Si aspetta e si spera l’arrivo di un futuro che ha contorni ancora piuttosto incerti, per non dire completamente oscuri.

La partita sulla ricostruzione, infatti, sarà lunga e complessa. Il decreto terremoto approvato dal consiglio dei ministri appena due settimane fa ha messo sul piatto 300 milioni di euro per le zone colpite il 24 agosto, mentre per questa seconda tornata i milioni arrivati subito sono 40 ma si dà per scontato che (tanti) altri se ne aggiungeranno nelle prossime settimane. Per questo Renzi sta provando ad alzare la voce in Europa, chiedendo che il denaro che servirà per la ricostruzione venga considerato al di fuori dei noti vincoli di bilancio, anche se la risposta della portavoce della Commissione europea Annika Breidthardt è stata gelida e non lascia presagire granché di buono: «Ogni costo coerente con i criteri applicabili sarà valutato se e quando riceveremo i dettagli completi dalle autorità italiane».

Certo, per il premier la questione non è soltanto quella della messa in sicurezza del territorio, ma anche della messa in sicurezza del referendum costituzionale del 4 dicembre: in questo senso la gestione di un’emergenza come quella che da mesi va avanti nel centro Italia può essere una manna dal cielo o un disastro totale per la sua popolarità. Dettagli di cui tener conto, perché in fondo siamo sempre in campagna elettorale.