Il punto in consiglio comunale su quello che la procura ipotizza essere un disastro ambientale provocato dallo sversamento dall’oleodotto Iplom in Valpolcevera. Le urla di un cittadino di Fegino esasperato dalla convivenza con il petrolio. Intanto i tecnici ripuliscono i greti e i militari della Capitaneria di Porto controllano che il greggio arrivato al mare non si allarghi di là della diga. Sono ore di emergenza per il sindaco di Genova Marco Doria. La fuoriuscita di petrolio è durata poche ore, ma i danni sono enormi. E le foto delle oche nere, quelle dei germani reali completamente avvolti nel greggio dicono già tutto, spiega, «simboleggiano con l’impatto a di una fotografia tutto quello di cui dobbiamo parlare».

Sindaco, avete già chiaro chi pagherà la bonifica?

Ovviamente i soggetti privati che saranno individuati come responsabili del danno. Lo ripareranno e pagheranno.

La sua amministrazione cosa sta facendo?

Il comune lavora su vari piani. Il monitoraggio della situazione della salute pubblica, anche perché da amministratore posso adottare un provvedimento nel momento in cui l’Arpal, l’Agenzia per la protezione dell’Ambiente, comunica un pericolo alla Asl, che a sua volta lo segnala a me. Ma questo non è avvenuto. L’idrogeno solforato (l’acido solfidrico, la sostanza tossica dall’inconfondibile odore di uova marce, ndr) è rimasto sempre sotto i limiti previsti dalla legge. Il che non vuol dire che non si registri in zona un odore pesante.

Fin qui dunque lei non ha preso provvedimenti specifici.

Ho fatto un’ordinanza per chiudere una scuola, ma per ragioni precauzionali. Naturalmente abbiamo monitorato l’emergenza potenziale, visto che si trattava di materiale infiammabile quindi a rischio di esplosione. Abbiamo invitato vigili del fuoco e protezione civile alla massima prudenza.

Torniamo alla bonifica. Che tempi avrà?

Non posso ancora saperlo. Dopo quella che tecnicamente si definisce ’messa in sicurezza in stato di emergenza’, quindi alla prima asportazione dei grumi di petrolio, si passa al piano di bonifica, ma deve essere scientificamente impostato. La tutela delle acque portuali è di competenza della Capitaneria, quella dei rivi e di terra è del Comune e della Città metropolitana. La Capitaneria ha lanciato l’allarme e sollecitato l’impresa, e noi con loro, a un intervento di aspirazione nei rivi con più pompe e autospurghi, prima che il petrolio arrivi in mare.

Farete azioni legali contro i responsabili?

In caso di processo ci costituiremo parte civile. Stiamo raccogliendo dati per tutelare l’interesse generale per i danni e per la presenza di attività di potenzialmente pericolose sul territorio comunale. Aggiungo però che il territorio di Genova è percorso da tubazioni che partono dal porto dove passa il petrolio che alimenta i grandi impianti di raffinazione della pianura padana. Ci sono i metanodotti e i gasdotti della Snam.E le tubazioni che portano il gas alle case. Per noi è un dato strutturale: ci sono e non si può far finta di no.

Sta dicendo che i genovesi dovranno conviverci per sempre?

C’è chi dice che ora bisogna chiudere quell’impianto. Io non ho quest’idea ma innanzitutto non ho questo potere, perché chiude l’impianto chi l’ha autorizzato, a meno che qualcuno non mi dica, con dati oggettivi, che quell’impianto inquina e che le autorità preposte non adottano i necessari provvedimenti.

E non è questo il caso?

Al momento no.

Ma questa vicenda non svela la fragilità di questi impianti?

Ancora non possiamo saperlo. Noi ancora non sappiamo quello che è successo. Ma abbiamo un piano urbanistico comunale dove sono censite tutte le attività a rischio di incidente rilevante per le quali adottiamo una serie di norme di sicurezza.

Il ’disastro’ è successo il giorno stesso del referendum delle trivelle. È una coincidenza suggestiva oppure in questo paese l’inquinamento ambientale è un rischio sottovalutato?

Vede, io al referendum ho votato, e ho votato sì. Da parte mia e della mia amministrazione non c’è alcuna sottovalutazione. Ma certo la vicinanza fra referendum e incidente chiama a tutti a una riflessione seria. Il quesito sulle trivelle, al di là dello specifico, ci faceva ragionare sulla misura in cui possiamo o dobbiamo accettare il rischio della convivenza fra il territorio e gli impianti.

Il caso di domenica dimostra che la convivenza è difficile. Soprattutto è pericolosa.

Ci sono obblighi di manutenzione degli impianti da parte della società che è proprietaria e ha la concessione. Se saranno verificate inadempienze qualcuno sarà chiamato a risponderne. Ma il monitoraggio si fa e qui non siamo nel far west. Né su questi temi si può procedere per posizioni pregiudiziali o ideologiche. Faccio qualche esempio: nel territorio cittadino sono state superate attività impattanti come le raffinerie della Erg, che sono state smantellate. All’inizio degli anni 2000 è stata superata l’area a caldo della siderurgia di Cornegliano. Insomma il tema del rapporto fra attività economica e qualità della vita urbana qui da noi si è posto a più riprese. E per la mia amministrazione la scelta è quella di affrontare caso per caso, a seconda delle specificità e delle eleggi. Così faremo anche stavolta.