Oggi possiamo dare un senso al lavoro se lo togliamo dal dominio del profitto e lo trasformiamo in una forza per la cura del pianeta, del clima, della salute. Nella sua storia il sindacato ha mantenuto quasi sempre separata la fonte di ricchezza proveniente dal lavoro dalla fonte di ricchezza proveniente dalla natura. Si è autodefinito come trasformatore della natura in cambio di un posto di lavoro. Oggi questo si rivela come un errore insostenibile. Chi lavora è direttamente connesso alla distruzione della biosfera. Siamo arrivati ad un punto di consumo tale da non rendere praticabile la sopravvivenza sul pianeta». A immaginare il sindacato interprete di una alleanza tra ambiente e lavoro è Mario Agostinelli, ex segretario della Cgil Lombardia e ricercatore dell’Enea, oggi presidente dell’associazione Laudato Si’.

Nel sindacato oggi si discute abbastanza delle sinergie tra qualità del lavoro e qualità dei processi industriali dal punto di vista ambientale?

Questo elemento non è ancora penetrato come coscienza di massa. Il ricatto occupazionale è la cifra che il neoliberismo ha imposto, con sconfitta grave del sindacato. Durante il fordismo, la coniugazione posto-salario-acquisti-merci era un circuito che si auto-sosteneva. Oggi il neoliberismo può fare a meno del lavoro in quanto intercambiabile. Trovo che l’esemplificazione tragica di questa situazione l’abbiamo vista all’inizio della pandemia quando il governo ha stabilito quali erano i lavoratori essenziali e si è scelto di non fermare non solo chi produceva per la cura, ma anche per le armi. Per fortuna il sindacato si è ribellato.

La pandemia ha risvegliato questa coscienza?

Sì, la sta risvegliando. Un’esperienza che io trovo significativa è quella di Civitavecchia dove i lavoratori si oppongono alla conversione della centrale Enel da carbone a gas. Per la prima volta l’intera centrale ha fatto più turni di sciopero per chiedere il passaggio ad un impianto a fonti rinnovabili. È un fatto nuovo di grande rilevanza mediatica, invece è ignorato per la potenza di Enel e Eni che mettono a tacere questa richiesta. I comitati locali a sostegno delle fonti rinnovabili hanno coinvolto un gruppo di ricercatori e hanno avanzato un progetto alternativo, ma il governo glissa. Eppure il rapporto energia-lavoro-vita sta diventando un elemento di grande visibilità.

A livello di sindacato europeo esiste questo dibattito?

A dire la verità, non c’è un vero sindacato europeo. Con questa svolta sui fondi, però, sarebbe bene che si desse almeno un coordinamento.

Sarebbe auspicabile acquisire una rappresentanza specifica dei lavoratori in materia ambientale sui posti di lavoro come quella che è stata acquisita su salute e sicurezza?

Certo. Non direi un delegato in ogni fabbrica, ma si potrebbero istituire, a livello territoriale, comitati unitari autonomi che si occupano della riconversione ecologica, che facciano formazione, mobilitando risorse professionali, dai professori ai ricercatori, insieme con i consigli di fabbrica, coinvolgendo le forze ambientaliste, per acquisire le competenze per l’analisi e la proposta. E’ la direzione che indica il segretario della Cgil Landini quando parla del sindacato di strada, quando propone di usare la conoscenza in sostituzione del lavoro, per un lavoro che salvaguardi il pianeta.

Approfondire il rapporto tra ambiente e lavoro permetterebbe di rafforzare il sindacato, recuperando spazi di rappresentanza occupati oggi dalle associazioni ambientaliste o dai comitati che si mobilitano a difesa dei loro territori?

Esattamente. Allargherebbe la rappresentanza e darebbe protagonismo alla democrazia sindacale che oggi è preclusa dal fatto che si colloca in difesa. Quando c’è una proposta, cresce la partecipazione. All’Alfa Romeo di Arese nel 2002 facemmo un progetto per convertire le linee alla produzione dell’auto ad idrogeno che convinse tutti. Poi l’inerzia politica della giunta regionale di Formigoni rese vana quella opzione che aveva trovato favore anche nelle aziende automobilistiche tedesche. Volkswagen e Bmw avevano addirittura fatto offerte per rilevare l’Alfa. Alla fine, la Fiat ha preferito lucrare sul terreno.

Però, la riconversione verso le fonti rinnovabili richiede più lavoro, e lavoro di qualità…

Infatti, questo elemento elimina il conflitto tra ambiente e lavoro, perché il lavoro si crea. Secondo una ricerca del Mit, ogni 6 addetti di una centrale a gas ci sono 47 addetti di un sistema eolico/fotovoltaico, e ulteriori 8 se sono presenti sistemi di accumulo. Si tratta di manodopera qualificata e stabile. Di questo si discute a Civitavecchia, e l’industria manifatturiera del Lazio in crisi ne trarrebbe indubbi benefici.

Un progetto ideale per il Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza?

Del Pnrr se ne sa poco. Alla prima stesura in italiano, quella del governo Conte, sono state apportate modifiche in inglese. Lì è intervenuta la società di consulenza McKinsey ingaggiata dal governo. In Germania invece, e qui è chiaro il peso dei Verdi, sono stati coinvolti centri di ricerca come il Wuppertal Institute, se ne discute nei centri Fraunhofer, la rete per il trasferimento di tecnologie, come sarebbe l’Enea se si sviluppasse e diventasse territoriale. E se ne dibatte con la cittadinanza.