Inizialmente previsto per l’autunno 2021, A Quiet Place Part II è uscito nelle sale USA durante il fine settimana del Memorial Day, la tradizionale vacanza d’inizio estate.

DOPO IL PICCOLO botto di Godzilla versus King Kong, i 48 milioni di dollari registrati dal botteghino americano dal patinato horror per famiglie di John Krasinski sembrano confermare che, nonostante la pandemia, c’è ancora un pubblico di massa ansioso di andare al cinema e consumare la dimensione più tradizionale dello spettacolo da studio hollywoodiano. Sequel dell’omonimo successo a sorpresa del 2018, questo Part II è decisamente meglio se consumato su grande schermo, preferibilmente in Dolby Atmos. Il suono – meglio, la sua assenza – è infatti il motore centrale della storia di partenza, un’idea squisitamente B (ma elevata dal budget e dal cast), in cui la terra è conquistata da feroci alieni che non vedono o hanno senso dell’olfatto, ma che sono sensibilissimi ai rumori. La premessa offre un’infinita gamma di spunti drammatici ed è attraente anche dal punto di vista teorico, visto che l’urlo è uno dei momenti classici del cinema di paura. Dalla sua impossibilità erano nate alcune delle scene più memorabili del film originale, quella del chiodo sulle scale che attraversa il piede di Emily Blunt e quella del parto. Oltre all’immagine abbastanza inedita di un bebè provvisto di mascherina a ossigeno e chiuso in una scatola perché non si può sentirlo piangere.

«PART II» INIZIA con frammenti di scene dall’invasione originale, che trova gli Abbott (John Krasinski, Emily Blunt e i figli, interpretati da Millicent Simmonds e Noah Jupe) impegnati a godersi la partita di baseball. Dopo une breve scena di apocalisse su Main Street – incidenti d’auto, vetrine sfondate, alieni che dilaniano gli abitanti – i film torna dove ci aveva lasciati Part I: morto suo marito, Evelyn e i suoi bambini Marcus e Regan (che è sorda e quindi in questo contesto possiede una luccicanza), più il bebè, si avventurano fuori dal loro rifugio in cerca di altri sopravvissuti. Dopo una lunga camminata nel bosco a piedi nudi (una delle inquadrature ricorrenti del film) arrivano alle fatiscenti rovine di quelle che sembra una vecchia acciaieria, nella cui fornace ha trovato rifugio un amico di famiglia (Gillian Murphy). Krasinski non è un «autore», e non ha nemmeno una particolare affinità per l’horror, ma sa usare con efficacia il vocabolario a sua disposizione e le potenzialità drammatiche della dicotomia tra il silenzio che è sinonimo di sicurezza, e il più piccolo rumore. Rispetto al primo film, questo lavora meno sull’intimità famigliare, separando i protagonisti in trame parallele per moltiplicare la suspense. Il finale suggerisce che Part III è già ampiamente previsto.