«Sono dati delicati, possono essere soggetti a un uso improprio». Proprio così, quando si presenta davanti alla commissione parlamentare di Vigilanza, il presidente dell’Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni ha in tasca i dati sulla distribuzione degli spazi in tv tra i sostenitori del Sì e i sostenitori del No al referendum costituzionale. Ma non vuole darli al parlamento. Angelo Cardani, professore bocconiano scelto da Mario Monti all’interno della sua cerchia di amicizie, a costo di litigare con il presidente della commissione Roberto Fico (che aveva chiesto i dati due settimane fa) e con un po’ di commissari – un testimone riferisce di aver sentito un insulto, a microfono spento, rivolto al grillino Airola, assai agitato – se ne va da palazzo San Macuto concedendo appena una promessa: «Tra un’ora, il tempo di consultarmi con i collaboratori, farò avere i dati. Li ho ricevuti poco prima di entrare in macchina e non me la sento di darli».
Passa un’ora, ne passano due, poi quasi tre quando alla commissione arrivano i dati ancora su carta intestata della società che effettua i monitoraggi per l’Agcom. Si riferiscono al periodo che va dal 20 aprile al 6 giugno e certificano il dilagare dei sostenitori del Sì. Per i telegiornali Rai raccontano di una prevalenza netta «nel tempo di parola» (l’audio dei politici), 40% per il No e 60% per il Sì, che diventa clamorosa nel «tempo di notizia (quello in cui parla il giornalista): 78,5% per il Sì e 21,5% per il No. La situazione si riequilibra nei programmi di approfondimento, i talk show in crisi di audience: in questo caso il Sì prevale di poco.

Interessante la classifica dei più presenti in video, il primo posto non riserva sorprese. Matteo Renzi, nelle due vesti di segretario del Pd e presidente del Consiglio, copre oltre il 50% dei tempi del Sì nei telegiornali, e il 34% nei talk show. Dietro di lui Maria Elena Boschi, che ha il 24% nei talk e il 17% nei Tg. E nei telegiornali si impone anche l’ex presidente della Repubblica Napolitano, con quasi il 10% del tempo di parola. Interessante che tra i sostenitori del Sì manchino i «tecnici», il primo non politico è Benigni, al 12 posto, poco sopra Verdini, al 17esimo. Tra i sostenitori del No, invece, il primato nei Tg spetta a Berlusconi con il 21% del tempo, segue Di Maio dei 5 Stelle. Ma ci sono anche i costituzionalisti Onida e Flick, il presidente dell’Anpi Smuraglia e il presidente del comitato del No Pace, molto in basso (appena un minuto e 15 secondi) malgrado sia stato proprio lui ad aver sollevato il caso dello squilibrio informativo all’Agcom, un mese e mezzo fa.
La tesi di Cardani è la stessa dei consiglieri del Pd: non c’è nessuna campagna elettorale. Dunque nessun obbligo di par condicio, che la legge impone solo 45 giorni prima della data (in questo caso) del referendum, previsto a ottobre ma non ancora convocato. Peccato però che ai telespettatori si presenti da mesi una realtà diversa. Non c’è telegiornale o trasmissione di approfondimento dove non si parli del referendum costituzionale. Renzi lo fa ogni giorno, i suoi ministri quasi. «Fatti loro», replicano dal Pd. «I tempi dedicati alla consultazione referendaria – sostiene il capogruppo del partito democratico in commissione, Peluffo – sono frutto della libera scelta delle forze politiche, che possono utilizzare i loro spazi come meglio credono». È così, con un’interpretazione formalistica della legge, sia l’Agcom che dovrebbe tutelare la parità di accesso ai mezzi di informazione, sia la maggioranza in commissione, spiegano che non c’è nulla da fare. Almeno fino all’inizio formale della campagna elettorale, dunque per altri due mesi.

Eppure la stessa Agcom di Cardani, un mese fa, resasi evidentemente conto dello squilibrio informativo, ha deciso di mandare una «forte raccomandazione» al rispetto «dei principi di completezza e imparzialità di informazione e di parità nel trattamento». Dunque, ha detto il presidente della Vigilanza Fico rivolgendosi direttamente a Cardani, «avevate i dati, altrimenti bisogna pensare che avete fatto un richiamo a caso».
E così l’audizione del presidente Agcom, che ha parlato per 50 minuti, senza rivelare i dati tanto attesi, si è trasformata in uno scontro assai poco consueto per questo genere di appuntamenti istituzionali. Cardani ha sostenuto che i suoi uffici «hanno anche altro da fare» e che l’Autorità, a differenza dei parlamentari, «non può trascurare i dettagli». Fico ha ricordato che «si tratta di informazioni che la commissione e i parlamentari hanno assolutamente diritto a ottenere». Nicola Fratoianni di Sinistra italiana ha detto allora che bisogna «ripensare alle funzioni e all’utilità delle strutture burocratiche dell’Agcom, visto che non è in grado di rispondere alle esigenze istituzionali».
Ricevuti finalmente i dati sull’informazione Rai, alla commissione mancano però ancora quelli delle televisioni private. Anche lì l’impressione è che il Sì stia dilagando.