Un treno, le chiacchiere tra amici, una ragazzina timidamente impertinente: «Mi stai filmando?» chiede all’invisibile interlocutore nascosto dietro alla macchina da presa. E poi altre persone, altri amici, l’odore dell’estate nel colore del cielo e sui corpi abbronzati. Riace, Calabria, una «famigliona» si prepara al matrimonio del fratello, Checco, l’unico maschio di casa tra quattro sorelle di cui una è la stessa regista, Paola Salerno. Il che  è già un po’ speciale, e lo diventa ancora di più ascoltando le loro conversazioni in cui il matrimonio appare quasi come una stravaganza.
I giorni si intrecciano alle notti, all’allestimento del giardino, alle discussioni sulle tovaglie bianche o a quadretti e sui fiori, alle liti tra i ragazzini – la piccola Bianca piange quando il fratello più grande le dice che con l’abito della festa è brutta. E poi le prove musicali, le canzoni, gli accenti di lingue e paesi diversi che si mischiano allegramente, il cibo e le birrette, la mamma che allarga le braccia e si difende con la stanchezza – «chissà se ci arrivo in chiesa» – la sorella determinata che si impunta su come disporre le tavolate.

 

Il matrimonio - tavolo (2)

Visi, risate, confidenze nelle sere lunghissime sotto alle stelle. La sposa è tornata a casa per stare coi suoi, bella e innamorata, ma mi raccomando che non arrivi prima dello sposo alle nozze … Tra loro dice lui è stato amore di quello che sai subito è importante. Cosa è il matrimonio, se conta o no, cosa significa stare insieme, l’uomo, la donna. Lui che forse se la famiglia di lei non ci avesse tenuto non si sarebbe sposato. Ma lei fa tutto per renderlo felice, la sua vita è proiettata su di lui … E allora, dice piccata la sorella, io che ho la mia vita il mio compagno non lo faccio felice?
Poi il giorno arriva, l’emozione, farsi la barba davanti all’obiettivo. Eppure Le mariage di Paola Salerno, in concorso nelle opere prime del Cinéma du Reel parigino da poco chiuso non è un «home movie», un film familiare, in senso tradizionale anche se racconta una storia di famiglia e le sue immagini compongono un racconto intimo di grande dolcezza. La regista anche montatrice, costruendo una trama per quel flusso – complice nel montaggio lo sguardo di Giorgia Villa – non lo utilizza però come un archivio. Il tempo di quelle immagini che ha girato con caparbia irriverenza, scatenando a volte imbarazzo o persino fastidio rimane dentro al bordo. Il resto, come il momento del «sì» – che non vedremo – il suo scorrere è fuori, ci arriva alla fine, ci arriva improvviso; non c’è un presente digitale geometrico contrapposto a un passato dalla grana un po’ più «calda».

 
Siamo lì, insieme a quelle persone in un momento del quale ancora non conosciamo il futuro proprio come loro, e non sappiamo nemmeno fino alla fine che tutto questo, una volta filmato, sta già diventando un passato felice. Siamo lì, e ci piacerebbe fare parte di quel gruppo e di quei preparativi, con le storie, i luoghi, le voci si stabilisce una relazione quasi diretta.

Il matrimonio - Checco

 

 

 

È quella del film una memoria sentimentale che tocca zone sensibili di ciascuno, i rapporti, la famiglia, gli amori, la reciprocità. Tutto però scivola con leggerezza, senza essere imposto, spiegato, circoscritto. Sono le immagini a essere protagoniste insieme a coloro che le popolano, è il tempo del cinema (e della vita) a dircene i passaggi, lo stesso che scorre  su quei luoghi, il giardino, il sorriso di una ragazzina diventata giovane donna.

 

 

 

 

Le marriage è per questo un’esperienza speciale e insieme la bella scommessa di un cinema che cerca il ritmo della vita, che continua, si muove, accade in un fuoricampo i cui limiti sono come quei giorni ancora da scoprire