Il titolo è quello di una poesia di Walt Whitman, On The Beach at Night Alone: «Di sera sulla spiaggia, mentre la vecchia madre, i flutti ondeggiando, intona roca il suo canto, e osservo le sfavillanti stelle, formo un pensiero sulla chiave degli universi e del futuro. Una vasta similitudine incastra tutto, tutte le sfere cresciute e non cresciute, piccoli, grossi, soli, lune pianeti, tutte le distanze dello spazio,per quanto vaste, tutte le distanze del tempo…». Anche il cinema di Hong Sang-soo sembra avere questa capacità di «legare» universi, tempi, spazi diversi in un movimento che oscilla negli stessi luoghi, e lungo le stesse traiettorie emozionali, per sorprendere (e sorprendersi) ogni volta. Sono pochi i registi che come lui (Kaurismaki per rimanere alla Berlinale) hanno questa capacità di rimanere dentro al proprio film e di renderlo sempre diverso. Cosa è dunque On the Beach at Night Alone – subito tra i titoli del cuore della competizione berlinese (pochissimi finora)? Ancora una volta il ritratto di una donna e il racconto di un amore finito, un vagabondaggio, a volte trasognato, altre volte surreale nei misteri amorosi,tra le onde del sentimento, le ferite e i possibili istanti di gioia. E soprattutto una dichiarazione amorosa all’attrice protagonista, Kim Minhee, già in Right Now, Wrong There, Pardo d’oro a Locarno due anni fa, che il regista coreano accarezza con la macchina da presa per illuminare sul volto, nella boccata a una sigaretta, in un sorriso o nella smorfia seduttiva di una nottata ubriaca l’infinita gamma delle esistenze possibili che attraversano le sue storie.E che questo personaggio sembra esprimere in modo unico, quasi creando una cesura rispetto a tutto il resto.

Il primo capitolo si svolge a Amburgo, dove Younghee – Kim Minhee – una giovane attrice, cerca di dimenticare la fine dolorosa della sua storia d’amore con un regista sposato. Passeggia un po’ flâneur, per le strade alla scoperta di quei paesaggi nuovi, spesso accompagnata da un’amica comprensiva che vorrebbe avere il suo fascino. Una coppia di altri amici che vivono lì – il critico Mark Peranson e la sua compagna Bettina Steinbrugge, curatrice del Forum Expanded – le invitano a pranzo, le accompagnano al mare.

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La ragazza non risparmia commenti abbastanza acidi sui due, lui è sottomesso sussurra all’amica e intanto si lascia andare alla nostalgia dell’amato: «Penserà anche lui a me come lo penso io?» chiede all’altra sulla spiaggia pensando alle promesse di raggiungerla dell’uomo che invece non si e’ mai fatto vedere. Questa sorta di «trasfigurazione» – che poi è più uno sfigurare – della relazione amorosa passa da un episodio all’altro, caratterizza il rapporto col mondo della giovane donna, la sua disillusione che è anche una lotta con se stessa per non cedere al rimpianto – «Non voglio diventare mostruosa» dice.

Il secondo capitolo si svolge si svolge in Corea, in una delle cittadine sul mare che tornano nei film di Hong, come i piccoli caffè in cui i personaggi si ritrovano per interminabili conversazioni etiliche durante le quali il tono sale sempre di più. Lì la donna ritrova dei vecchi amici, il gioco è scoprirsi invecchiati, lei con quello scandalo che l’ha esclusa dal cinema, un amico di sempre che ha cambiato faccia per colpa della donna con cui sta insieme – chiosa Younghee – accusando tutti quanti di non essere «qualificati» ad amare tranne una con cui scambia un bacio. Umorismo, complicità, confessioni. A loro che le chiedono come sono gli uomini occidentali: « Hanno un bel corpo e ce lo hanno grosso» ride lei …

Terzo capitolo, di nuovo sulla spiaggia, la donna si addormenta. Qualcuno la sveglia, un vecchio collega di set, il regista sta preparando proprio nella cittadina il nuovo film. L’incontro tra i due è un graffio, la ragazza lo rimprovera, l’uomo le dedica uno struggente passaggio di un libro che narra un abbandono. Capiamo che ha già un’altra, che quel dono è un altro schermo su cui mettere in scena i passaggi amorosi.

Come la storia che si riferisce in modo esplicito allo scandalo in Corea scatenato dalla relazione tra Hong Sang-soo e Kim Minhee, nata durante le riprese di Right Now, Wrong There, col regista che ha lasciato la moglie dopo trent’anni di matrimonio (e le accuse disperate di quest’ultima). Altre tracce, altri segnali, teneri e irriverenti, non è certo il «vero/falso» il suo obiettivo ma la sua traduzione narrativa, l’ambiguità in equilibrio che diviene messinscena, tempo che fluisce preciso, tranquillo, il sentimento profondo della vita.