Ieri notte è scomparsa Claudia Evangelisti. Probabilmente il suo nome non dirà molto a chi non era suo amico o lavorava con lei. Eppure Claudia è stata dietro all’ideazione e alla scrittura di molti libri che oggi circolano nelle università italiane e che sono sugli scaffali di biblioteche pubbliche e private. Con un passato da storica, per anni Claudia Evangelisti ha lavorato nell’editoria, prima a Il Mulino, poi a Carocci.

Qui ha curato libri e progetti editoriali che sfuggivano al mero calcolo economico, alle strategie del potere accademico, all’idea di un sapere fatto di compartimenti stagni, e incapace di parlare a chi sta fuori dalle accademie.
Con determinazione ha sostenuto i lavori di tante studiose e di tanti studiosi, spesso precari e giovani, convinta della necessità di rifondare la produzione culturale e accademica italiana. Fine intellettuale, donna di grande cultura saggistica e letteraria, capace di spaziare in diversi ambiti disciplinari, aveva un’idea per certi versi novecentesca della produzione culturale e delle redazioni editorali, mondi composti in grandi numeri da donne come lei.

Donne che nell’invisibilità e spesso nell’anonimato, rappresentano l’ossatura culturale di questo paese, ne indirizzano le scelte, ne definiscono i percorsi, malgrado le difficoltà dettate dai tagli economici e dalla precarizzazione del settore editoriale.

Quando la casa editrice Carocci è entrata in crisi, Claudia Evangelisti ha chiamato autori, collaboratori, conoscenti all’adunata, alla resistenza intellettuale e in molti, anche perché riconoscenti verso il suo lavoro, hanno risposto al suo appello.

Appariva poco in pubblico, ai convegni non sedeva in prima fila, ma chi lavorava con lei rimaneva colpito dalla sua visionarietà e dal suo rigore. I suoi consigli e la sua amicizia sono stati un punto di riferimento importante per generazioni di studiose e studiosi. Grazie Claudia.