Aumenta di ora in ora il numero delle vittime uccise da una gigantesca valanga di fango che ha travolto la cittadina colombiana di Mocoa, nel sud-ovest del paese. I morti sono 254 e oltre 200 i dispersi. Il presidente Manuel Santos ha confermato che sono rimasti uccisi anche 60 bambini. Santos ha detto di aver destinato 18,5 milioni di pesos a ogni famiglia colpita e 250.000 pesos mensili a chi ha perso la casa, e che le spese funerarie saranno a carico dello Stato. Si tratta del peggior disastro nella storia di Mocoa. La cittadina è rimasta senza acqua e luce. In pochi minuti, lo straripamento di tre fiumi ha spazzato via vite, case e alberi. Una tragedia annunciata, secondo i sopravvissuti, che accusano il governo di non aver destinato fondi alla prevenzione e di non aver preso in considerazione i numerosi rapporti emersi in occasioni analoghe come ad Armero dove, nel 1985, persero la vita 25.000 persone.

Dice al manifesto il senatore colombiano Ivan Cepeda, del Polo Democratico alternativo, attivista per i diritti umani: «In Colombia, le tragedie come questa non sono solo dovute alla natura, ma sono effetti delle politiche di Stato che favoriscono il cambio climatico. Non c’è prevenzione dei disastri, né un’attività permanente di aiuto alle comunità a rischio in materia sociale ed economica». Un dato indicativo è costituito dal basso numero di vittime che si determinano dopo uragani o catastrofi a Cuba, dove la politica di prevenzione è massima, a fronte di paesi neoliberisti come di recente il Perù e ora la Colombia, dove invece è altissimo.

IL VENEZUELA è stato fra i primi a inviare squadre di soccorso e viveri. Anche i guerriglieri delle Farc hanno dato la disponibilità a portare aiuto. «In questi giorni – dice Cepeda – le Farcche si trovano nella zona di smobilitazione della Carmelita, vicino a Mocoa hanno donato due giorni delle loro razioni alimentari e chiesto di poter inviare 100 uomini per la ricostruzione delle case e la rimozione delle macerie».

IVAN CEPEDA ha avuto un ruolo cruciale di mediazione nel processo di pace tra guerriglia e governo colombiano, «che ha messo al centro la riforma rurale integrale e una riforma politica che consenta il ripristino di una vera dialettica democratica in sicurezza, ma anche i beni comuni, il controllo delle risorse e la partecipazione sociale». In Senato, ha contribuito all’approvazione della legge sulla giustizia di transizione e riparativa: «ma – dice – le resistenze dell’estrema destra sono molto forti. La Colombia è un laboratorio di guerra ed è difficile portare a processo i paramilitari ed evidenziare le responsabilità dello Stato. E intanto, i leader comunitari continuano ad essere uccisi».

LA COLOMBIA spende miliardi nella sicurezza e negli armamenti, ma circa 156 difensori dei diritti umani e leader comunitari sono stati assassinati negli ultimi 14 mesi e altri 500 hanno denunciato minacce o situazioni di rischio. Durante il periodo che va dal 1 gennaio del 2016 al 1 marzo del 2017, vi sono state 5 sparizioni forzate e 33 attentati. Una delle principali cause – conferma Cepeda – è l’espansione dei paramilitari nei territori prima protetti dalla guerriglia. E così appare ancora più importante la vittoria ambientalista degli abitanti di Cajamarca che, domenica scorsa, hanno respinto a grande maggioranza la costruzione di una miniera di oro a cielo aperto, chiedendo investimenti per un «altro sviluppo».

MENTRE AVVENIVA la catastrole, l’estrema destra dell’ex presidente Alvaro Uribe ha organizzato una manifestazione contro il governo e contro il processo di pace. Per Cepeda, però, «la marcia uribista non ha avuto l’impatto sperato. Qualche migliaia di persone ha manifestato in varie città, ma alla fine la dimostrazione si è trasformata in un boomerang. Con Uribe, ha sfilato anche un personaggio come «Popeye», l’ex capo del cartello di Medellin che è stato anni in carcere per gli assassinii commessi da Pablo Escobar. Un dato evidente dell’alleanza tra nacrotrafficanti ed estrema destra. Un’altra ipocrisia opportunista è stata quella di avere indetto la manifestazione contro la corruzione: perché tutti sanno che Uribe e il suo entourage sono responsabili di grandi scandali di corruzione e che il loro unico obiettivo è quello di impedire il processo di pace. Però così la marcia, anziché convertirsi in un golpe politico ha giocato contro di lui.