Alla fine si descrive «sollevato», come un ragazzino «all’ultimo giorno di scuola». Il Senato ha approvato le sue dimissioni con 142 sì e 105 no: Augusto Minzolini dice addio a palazzo Madama a un mese di distanza da quel 16 marzo in cui quella stessa aula lo aveva salvato dalla decadenza prevista dalla legge Severino per una condanna per peculato. Quella volta c’era il voto palese e l’ormai ex senatore di Forza Italia fu salvato anche grazie a un drappello di esponenti del Pd. Ne scoppio un caso politico, con il M5s che accusò i dem di inciucio e lo stesso ex segretario Matteo Renzi che prese le distanze dalla scelta di lasciare ai senatori libertà di coscienza. Questa volta, invece, lo scrutinio è stato segreto, il Pd con il capogruppo Luigi Zanda si è dichiarato a favore delle dimissoni, e il voto non ha riservato alcuna sorpresa. Era stato lo stesso Minzolini a promettere, già di fronte alla Giunta per le immunità, che avrebbe presentato le sue dimissioni anche se l’aula gli avesse evitato la decadenza.