In principio erano tutti contrari alle proposte di regionalismo rafforzato di Lombardia e Veneto, che nel gruppo dirigente del Pd venivano esplicitamente chiamate «secessioniste». Ma poi, con testarda pazienza, Stefano Bonaccini, il presidente dell’Emilia Romagna – l’unica regione governata dai dem nel gruppo di punta al tavolo leghista del ministero delle regioni – ha cominciato a martellare con la «differenza» della sua proposta: 15 delle 23 competenze possibili, senza aprire il capitolo del residuo fiscale, senza – giura Bonaccini – sottrarre fondi al bilancio nazionale, ’solo’ – si fa per dire – per gestire direttamente le risorse già spese dallo Stato per le competenze che si chiedono di trasferire, convinti – va da sé – di poterlo fare meglio.

E così anche il presidente della Campania – fino a poco tempo fa allarmatissimo dal regionalismo spinto dei due colleghi del Nord, ha ottenuto un appuntamento il 7 marzo con la ministra Erika Stefani per attivare un tavolo e istruire la pratica della sua regione. La lettera di richiesta è arrivata il 15 febbraio. Sono 13 gli ambiti di autonomia richiesti, fra cui la tutela e la sicurezza del lavoro, l’istruzione tecnica e professionale, (ma non l’autonomiascolastica), l’internazionalizzazione delle imprese e commercio con l’estero, le infrastrutture e i lavori pubblici. Anche la tutela della salute, sebbene la sanità campana ad oggi sia commissariata.

Nella lettera De Luca precisa che la Regione Campania «considera sacro e inviolabile il principio della unità e della solidarietà nazionale» e «irrinunciabile l’obiettivo politico, storico e ideale del superamento del divario Nord-Sud».

Soddisfatto Bonaccini, che ha aperto la strada nel suo partito e che ieri ha rassicurato il mondo della sanità in allarme: «Ribadisco che per noi il Paese è uno e indivisibile e il sistema sanitario nazionale è parte essenziale di questo patto di cittadinanza: tutti i cittadini, a prescindere dalla loro condizione sociale e dal luogo in cui nascono e vivono, hanno uguale diritto ad accedere ai servizi cruciali, a partire da quello sanitario e scolastico», ha replicato alla Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri che hanno inaugurato la campagna «contro il regionalismo che divide».

Anche il Lazio l’ottobre scorso ha votato in giunta la delibera che attiva il percorso della’autonomia in cinque ambiti. Resiste invece il presidente della Toscana Enrico Rossi: «È sbagliato il progetto di venti regioni che vanno per conto proprio. Se ognuno tiene le proprie risorse – vuole dire che chi sta al Nord fa la secessione dei ricchi. Non a caso sono loro che vogliono venti autonomie e le risorse, facendo restare sul territorio i contributi che pagano i cittadini. Tutto questo può generare uno scatafascio».