Dall’alto di un grattacielo la città non fa rumore: anche un posto caotico e vivace come Beirut sembra avvolto nel silenzio. Proprio sulla cima di un enorme palazzo in costruzione della capitale libanese lavorano i migranti siriani, fuggiti dalla guerra, protagonisti di Taste of Cement di Ziad Kalthoum, appena passato nel concorso internazionale di Visions du Réel.
Il sapore del cemento del titolo è quello che accompagna come un destino e una condanna la vita del narratore del film, unica voce che si leva – fuoricampo – dal gruppo di muratori che questo documentario segue nelle loro occupazioni quotidiane; racconto individuale che potrebbe essere attribuito a tutti e nessuno di loro.

Il sapore del cemento è quello delle macerie delle case distrutte dalle bombe in Siria, che segue questi operai fino in Libano, dove lavorano per ricostruire un paese straniero che ancora mostra le cicatrici della guerra civile. La voice over del narratore racconta gli insegnamenti ricevuti dal padre, anche lui muratore e viaggiatore: «Quando comincia la guerra i costruttori devono andarsene in un altro paese dove la guerra si è appena conclusa, e aspettare finché il conflitto non avrà finito di scuotere la loro patria, per poi tornare a ricostruirla».

Come prigionieri della circolarità del destino, i muratori siriani a Beirut lavorano sulla cima del palazzo che stanno costruendo – da cui vediamo la città e il mare che la lambisce – e la sera tornano a mangiare e dormire in un rifugio sottoterra: dalle sette del pomeriggio inizia il coprifuoco per i lavoratori siriani, spiega uno striscione appeso nelle strade di Beirut. Vivono lungo un’asse verticale, distinto dall’orizzontalità delle strade sotto di loro e dalla dimensione della vita degli «altri», a sottolineare il tempo sospeso dell’attesa in cui sono imprigionati.

La Siria compare solo nelle immagini in tv che gli operai guardano la sera, o sugli schermi dei loro telefonini, finché verso la fine del documentario il regista ci mostra le immagini dei soccorsi che, a Damasco o Aleppo, cercano di tirare fuori i sopravvissuti dalle macerie di un edificio distrutto. Il frastuono degli strumenti dei muratori, del loro lavoro sui tetti di Beirut, si alterna e si sovrappone a quello della guerra nella patria dei protagonisti.
Solo nella sequenza finale Taste of Cement ci porta al livello della strada , a bordo di un camion betoniera che attraversa Beirut – la città che «si sveglia ogni giorno con il rumore delle costruzioni» – che vediamo però dalla «prospettiva» della betoniera, attraverso il suo movimento circolare per mescolare il cemento, elemento che dà forma al destino dei «protagonisti» ma forse anche alla loro speranza nel futuro.