Grazie a Lega e 5 Stelle abbiamo scoperto che un governo può approvare o respingere, nello stesso momento e a seconda del partito di riferimento, lo stesso «decreto crescita».

Il decreto più pazzo del momento era stato approvato «salvo intese», cioè senza averne nemmeno una, già il 4 aprile scorso.

Dopo più di tre settimane di risse furibonde tra «alleati», e dopo l’invito del presidente della Repubblica a riportarlo in consiglio dei ministri, il provvedimento ha subìto un’altra evoluzione.

IERI È STATO ESAMINATO «fuori sacco». Espressione idiomatica che per i giornalisti di un tempo significava la spedizione via treno di un articolo o una fotografia in una busta contrassegnata da parte dei corrispondenti verso le redazioni, oggi «fuori sacco» significa che un decreto può essere esaminato al di fuori dell’ordine del giorno, il motivo per cui è stato convocato il consiglio dei ministri più annunciato degli ultimi tempi, e condizionare una riunione slittata di un’ora (dalle 18 alle 19), tenuta aperta in attesa che il vicepremier pentastellato Di Maio terminasse l’intervista a Di Martedì su La7.

Nel frattempo, Salvini aveva già sostenuto che il governo aveva stralciato il «Salva Roma» proposto dai Cinque Stelle e ribattezzato dalla vice-ministra all’economia Laura Castelli non più «Salva Italia», a causa dell’assonanza con l’omonima misura di Monti del 2011, ma «Risparmia Italia».

SECONDO SALVINI la decisione dello stralcio sarebbe stata presa con chi c’era ieri a Palazzo Chigi (tutti i ministri leghisti, Conte e Lezzi, Bonisoli e Trenta).

I presenti si sarebbero trovati d’accordo su un «provvedimento ad hoc» per aiutare i comuni in pre-dissesto o in dissesto, e non solo la Capitale. Pochi minuti dopo dalla conferenza stampa improvvisata da Salvini proprio sotto il balcone dove i Cinque Stelle avevano festeggiato imprudentemente la «manovra del popolo» il 27 settembre scorso, i Cinque Stelle negavano che la riunione si fosse occupata del «decreto crescita».

LA LORO IPOTESI È APPROVARE il «Salva Roma» nel decreto crescita e, nel caso, aggiungere altri dettagli nel percorso parlamentare.

Questa commedia è il segno di un governo che non è d’accordo nemmeno su quello che approva e, tuttavia, è costretto a durare fino alle elezioni europee del 26 maggio, e oltre.

Nel «decreto crescita» esaminato nel corso della serata è contenuta anche la norma per i rimborsi ai risparmiatori truffati delle quattro banche fallite (Etruria, Banca Marche, CariFe e CariChieti) e delle due venete. La disposizione entrata nella riunione ieri ricalcava lo schema del «doppio binario» concordato con Bruxelles e avallato da 17 associazioni dei risparmiatori. Un’ipotesi tuttavia è stata contrastata dai Cinque Stelle che per settimane hanno cercato l’intesa con altre due associazioni. Si attende un’intesa sui ristori automatici per i redditi entro i 35mila euro e patrimoni mobiliari entro i 100mila (circa il 90% della platea secondo il governo); e per il restante 10%, si procederebbe agli arbitrati.

NEL «FUORI SACCO» c’è una norma per Alitalia. Si sta pensando a una misura che cancella il termine del 30 giugno per la restituzione del prestito ponte (da 900 milioni) e permette l’ingresso del Tesoro usando i proventi degli interessi sul prestito. Il Tesoro entrerebbe nella «newco» con una quota del 15%, che andrebbe ad aggiungersi al 30% di Fs e al 10-15% di Delta. Il nodo è il restante 40% della proprietà per il quale il governo sta cercando un partner possibile: da Cdp a Fincantieri e Leonardo, oppure soci stranieri (China Eastern). Sfumate le ipotesi,al momento resta sul tavolo Atlantia, la holding di proprietà della famiglia Benetton che era stata attaccata duramente dal Movimento Cinque Stelle e il governo dopo la tragedia del crollo del Ponte Morandi a Genova in nome della «nazionalizzazione» delle autostrade.

È STATA INOLTRE AGGIUNTA una sanatoria e una rottamazione delle cartelle estesa agli enti locali. Sarebbe previsto il taglio della mini Ires che riduceva l’aliquota al 15% (dal 24%) e una nuova agevolazione al 22,5% nel 2019. Nel «fuori sacco» ci sono le proroghe di altre misure, già attivate dai governi precedenti, come il super ammortamento e la deducibilità Imu sui capannoni che sale dal 40 al 60% nel 2019.