«Un’esperienza toccante». Di più: «Una pausa di serenità». Ultimo giorno a Cesano Boscone e commenti di rito: «Intendo continuare questa esperienza e questo impegno». Silvio Berlusconi non è più affidato ai servizi sociali, non dovrà più recarsi una volta la settimana presso la Sacra Famiglia di Cesano Boscone per assistere anziani e malati di alzheimer. C’era entrato per la prima volta il 9 maggio, accompagnato da quella curiosità guardona che mai lo ha abbandonato e probabilmente mai gli si staccherà di dosso, ma che stavolta ha trascurato il fine-pena, concentrato su più piccanti e saporiti pettegolezzi. Neppure una telecamera a salutare il suo ritorno alla libertà, arrivato con 45 giorni di anticipo. Non è stato un privilegio, ma lo “sconto” che si concede abitualmente a tutti i detenuti e che la procura di Milano, chissà perché, avrebbe voluto negargli.

Il cavaliere finisce di scontare la sua pena mentre le redazioni sono inondate da nuove-vecchie intercettazioni. Nuove perché non si erano ancora sentite. Vecchie perché risalgono a parecchi anni fa e aggiungono ben poco a ciò che delle notti di Arcore già si sapeva nei dettagli. Voyeurismo puro, anche questo. Tra le tante parole da copione obbligato, qualcuna sincera, nel suo ultimo giorno di pena, l’affidato la ha detta. «Mi sento riabilitato? No. È finita? Non si finisce mai». Alludeva di certo al rosario di grande giudiziarie che ancora lo attendono. Almeno una, l’inchiesta Ruby-ter, potrebbe rivelarsi la più grossa di tutte. Una di quelle follie per cui a volte, per coprire un furtarello, si commettono omicidi. O per evitare una condanna lieve dovuta a quelle notti con Ruby se ne rischia una pensatissima per corruzione di testimoni.

Ma forse non alludeva solo a questo, l’uomo che da vent’anni è il più chiacchierato del Paese. Forse pensava anche a quelle prime pagine che di nuovo scavano nelle sue abitudini sessuali, nei suoi vizi, nelle debolezze che ne hanno decretato la caduta proprio quando, dopo il trionfo elettorale del 2008, sembrava invincibile. Voyeurismo condito con un bel po’ di ossessione. Quella per cui nel simbolo vivente del conflitto di interessi molti continuano ancora a vedere il nemico principale, troppo diabolico, troppo temuto e troppo odiato per credere che non nasconda qualche asso nella manica, che non sia pronto a colpire di nuovo.

È un’ossessione fuori tempo massimo. Nonostante le sue mille resurrezioni, nonostante il vigore con cui prova a resistere a un declino iniziato già da quattro anni, Silvio Berlusconi è un leader al tramonto. Dopo essersi congedato dai suoi assistiti, dopo aver salutato per l’ultima volta, con l’immancabile stretta di mano, il direttore dell’Istituto Paolo Pigni, il leader tornato libero ha incontrato il capo della Lega, Matteo Salvini, in una delle sue tante dimore, quella di via Rovani a Milano. Incontro segreto, preparato con cura, tenuto nascosto fino all’ultimo, smentito da Salvini ancora un attimo prima di varcare la porta di casa Berlusconi. Un summit a modo suo storico, anche questo. Per la prima volta nella sua parabola politica Berlusconi era alle prese con un possibile alleato senza essere lui il più forte, senza poter calare sulla bilancia il peso dei suoi voti, della sua popolarità, della sua insostituibilità.

La differenza si è sentita tutta. Tosi, quasi certamente, si candiderà. I centristi, con assoluta certezza, lo appoggeranno, togliendo l’azzurro dall’imbarazzo di dover scegliere tra loro e il LePen padano: Fi si potrà alleare con Alfano in Campania e con il Carroccio in Veneto. Magra consolazione per un leader che vede sfumare la possibilità di far da ponte tra radicali e moderati, e di conseguenza anche la residua centralità del suo ruolo politico.

Per il resto, è un libro nero. Salvini vuole i suoi candidati in parecchie regioni del nord e persino del centro, come in Toscana. Perderanno, non è che Matteo confidi nel miracolo. Ma avrà rimarcato la superiorità del suo non più bossiano Carroccio sull’ex onnipotente, e in prospettiva è un risultato che vale quanto una vittoria nelle urne. Soprattutto, nonostante le insistenze dell’ospite, Salvini non apre spiragli sul sud. Presenterà le sue liste, ed è probabile che finisca per incamerare i voti di parecchi potentati forzisti, a partire dai campani di Cosentino.

Con sul collo il fiato delle inchieste Ruby e di fronte un panorama politico desolato, non c’è da stupirsi se il liberato, ieri, avesse ben poca voglia di festeggiare.