Una fiaba amatissima (Le petit poucet, da Charles Perrault) che racconta meravigliosamente l’angoscia del distacco dall’infanzia (e dai propri genitori, sulla strada dell’autonomia). Una compagnia teatrale come la Socìetas Raffaello Sanzio che sa come immergere lo spettatore nella «carne viva» della visione. E, alla fine, un libro, quasi una scommessa editoriale: pagine che, oltre alla storia, devono lasciar sfogliare ai bambini i rumori, le suggestioni, il buio stesso. Si può leggere il buio? Sì, se in quella cavità nera ci fa sprofondare un’autrice come Chiara Guidi della Socìetas e se l’illustratore (Simone Masi) è chiamato all’arduo compito di non svelare mai i personaggi, attraversando i confini sfilacciati dell’oscurità mantenendo il più stretto riserbo sulla luce del giorno.
L’artista deve graffiare la darkness, riproducendone una simile a quella che, nel bosco, dovette terrorizzare non poco Pollicino e i suoi fratelli abbandonati. Così dell’orco vedremo solo degli stivali sformati e minacciosi, dei lupi sentiremo l’ululato agghiacciante che fende la notte e delle tragedie pulp che percorrono la fiaba immagineremo tutto, rabbrividendo.

Era questa d’altronde la suggestione lanciata dallo spettacolo della Socìetas Raffaello Sanzio e Orecchio Acerbo, nel proporre il libro di Buchettino (pp. 48, euro 13) rispetta quella sorgente sonora delle emozioni: i bambini sanno molto bene che l’udito può essere il più spaventoso dei sensi. Nella pièce, cinquanta persone vengono invitate in una stanza ombrosissima, una camera da letto molto spartana, in stile orfanatrofio dei vecchi tempi. Stesi sui letti, piccoli e adulti ascoltano una narratrice mentre racconta le avventure di Pollicino e, piano piano, ognuno cade in una sorta di trance e immedesimazione, perdendo di vista il «mondo di fuori».

Da Castellucci e Guidi viene ricreato lo spazio dell’affabulazione, quel momento magico della sera in cui le fiabe della tradizione riprendono vita, popolando le stanze di fantasmi, incubi e sogni. E’ un invito rivolto a tutti, senza barriere generazionali, un rientrare in contatto con l’«invisibile» che circonda e accompagna qualsiasi individuo nel corso della sua esistenza.
Nel libro, che termina con una postfazione di Goffredo Fofi (uditore e spettatore seriale di Buchettino) a riproporre il tuffo in quella realtà parallela ci prova la

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grafica con il «suono» di alcune parole messo in evidenza con caratteri speciali.

Chi non fosse soddisfatto, può ricostruire i rumori della paura con alcuni semplici attrezzi consigliati alla fine del libro stesso: la rafia sfregata per il pgliericcio dei letti, la catena di ferro fatta ricadere su se stessa per il chiavistello e via dicendo. Altrimenti, si può scaricare un link e ascoltare la voce incantatrice di Monica Demuru che narra la fiaba.