Costituzionale o meno che sia, è preferibile non toccare la legge elettorale adesso che le elezioni sono dietro l’angolo. Perché un’eventuale intervento della Corte costituzionale arriverebbe a questo punto dopo il 4 marzo e avrebbe come effetto quello di modificare le regole del gioco una volta che i voti sono stati già espressi. È quanto ha stabilito in sintesi il tribunale di Firenze con un’ordinanza del 25 gennaio depositata ieri, con la quale ha giudicato inammissibili uno dei tre ricorsi presentati con procedura d’urgenza contro il Rosatellum (gli altri due all’Aquila, dove si attende la decisione, e a Roma, dove l’udienza è fissata al 21 febbraio).

La giudice Giuseppina Guttadauro della quarta sezione civile del tribunale di Firenze non ha però detto nulla nel merito delle questioni di incostituzionalità proposte dall’avvocato Paolo Colasante e dal costituzionalista Enzo Di Salvatore. Anzi, ha rinviato al procedimento ordinario di merito – quello con il quale sono stati alla fine abbattuti sia il Porcellum che l’Italicum – l’eventuale chiamata in causa della Corte costituzionale. Ha però escluso la possibilità di intervenire con il procedimento cautelare, quello previsto dall’articolo 700 del codice di procedura penale per impedire il verificarsi di un danno irreparabile. La lesione del diritto a votare secondo Costituzione – sollevata a Firenze dal deputato ex M5S Massimo Artini – configura certamente un potenziale danno da evitare. Lo riconosce anche la giudice, che però ritiene inapplicabile il rimedio del ricorso di urgenza perché – a questo punto – la Consulta non potrà esprimersi entro il 4 marzo. E non potrà farlo in nessuna della altre cause pendenti, altri ricorsi di merito firmati da Besostri e dagli avvocati anti Italicum pendono a Lecce, Trieste, Trento, Venezia e Messina. E nemmeno riuscirà a pronunciarsi sulla presunta incostituzionalità del voto all’estero, sollevata dal tribunale di Venezia: i termini per la costituzione delle parti scadono il 6 gennaio, neanche la (improbabile) decisione straordinaria della presidenza di dimezzare le procedure riuscirebbe a dare una risposta prima dell’ultima data utile per votare all’estero (22 febbraio).

Enzo Di Salvatore fa notare però che il ricorso di Firenze era stato depositato prima del decreto di indizione delle elezioni (a dicembre) e ricorda che non è il voto del 4 marzo a costituire formalmente il nuovo parlamento, ma la successiva proclamazione degli eletti in vista della prima seduta del 23 marzo. A suo giudizio in quell’intervallo sarebbe possibile per la Corte sanare le incostituzionalità e ordinare un differente modo di conteggiare le schede – ad esempio non regalando alle liste maggiori i voti delle liste alleate rimaste sotto la soglia di sbarramento.

La giudice Guttadauro ha invece ritenuto che questo rimedio, cambiando in corsa le regole del conteggio, sarebbe per i cittadini peggiore del male, che è quello di votare con una legge eventualmente incostituzionale.

Dall’ordinanza si ricava infine che l’avvocatura dello stato, che rappresenta la presidenza del Consiglio dei ministri, non ha alcun dubbio che il Rosatellum sia perfettamente costituzionale, sia per quanto riguarda il trasferimento dei voti che per quanto riguarda le soglie di sbarramento e il divieto di voto disgiunto. Una certezza della quale bisognerà conservare memoria.