I governi di India, Pakistan, Messico, Spagna, Brasile, Sri Lanka, Australia, Panama e Repubblica Ceca hanno annunciato ieri indagini sulle attività finanziarie svolte tra il 1996 e il 2020 da alcuni dei loro cittadini dopo le rivelazioni contenute nell’inchiesta giornalistica sui «Pandora Papers». L’indagine è stata realizzata dal Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi (ICIJ) e ha mobilitato 600 giornalisti in rappresentanza di 151 media in 117 paesi diversi. Insieme hanno scritto il romanzo criminale di un colosso globale che agisce nell’oscurità ai danni di miliardi di persone e drena immense ricchezze dalle casse pubbliche, peggiora le diseguaglianze prodotte «in chiaro» dal capitalismo e protegge l’ipocrisia di coloro che governano, rappresentano la società dei «buoni» e dei «meritevoli» e poi imbrogliano e rubano.

LA PIÙ GRANDE collaborazione tra giornalisti mai realizzata fino ad oggi ha permesso di svelare l’esistenza di 956 aziende, due terzi delle quali sono basate in una giurisdizione nota da tempo come un ingranaggio chiave del sistema offshore, quella delle Isole Vergini Britanniche. Dall’analisi di 12 milioni di documenti fiscali è emerso un sistema di evasione fiscale e riciclaggio a livello mondiale. Se i «Panama Papers» provenivano dai file di un singolo e potente fornitore di servizi come lo studio legale panamense Mossack Fonseca, oggi i «Pandora Papers» rivelano l’esistenza di un mondo molto più ampio, quello degli avvocati e degli intermediari. Sono loro la spina dorsale dell’industria del riciclaggio al servizio di politici, miliardari e maschere della società dello spettacolo e dell’intrattenimento e persino persone condannate per reati gravissimi.

TRA LE 336 PERSONE identificate ci sono politici di alto livello, primi ministri e ministri in carica (35) ambasciatori e personaggi pubblici come i cantanti Julio Iglesias e Shakira; gli allenatori del Manchester City Pep Guardiola e quello del Real Madrid Carlo Ancelotti; Raffaele Amato, capo degli scissionisti di Secondigliano arrestato nel 2005, che avrebbe utilizzato una società di Montecarlo come paravento per coprire una seconda società inglese usata per acquistare beni immobili in Spagna. Si segnala anche la presenza di Delfo Zorzi, assolto dalla Cassazione per la strage di Piazza Fontana.

L’EVASIONE FISCALE, il riciclaggio, la corruzione sono elementi costitutivi del capitalismo globale finanziarizzato. Banche multinazionali, grandi studi legali, istituzioni e élite finanziarie con sede negli Stati Uniti e in Europa sono gli snodi di un sistema operativo dai Caraibi al Golfo Persico al Mare Cinese meridionale. Un documento mostra il modo in cui le banche di grande importanza abbiano aiutato i loro clienti a creare almeno 3.926 società offshore con l’assistenza di Alemán, Cordero, Galindo & Lee, uno studio legale panamense guidato da un ex ambasciatore negli Stati Uniti. Lo studio, noto come «Alcogal», ha creato almeno 312 società nelle Isole Vergini Britanniche per i clienti del gigante americano dei servizi finanziari Morgan Stanley. Un portavoce di Morgan Stanley ieri ha detto: »Noi non creiamo società offshore. Questo processo è indipendente dall’azienda e a discrezione del cliente». L’inchiesta ha evidenziato anche il ruolo di Baker McKenzie, il più grande studio legale degli Stati Uniti, in questa economia sommersa. Con il suo potere di influenza ha plasmato le leggi finanziarie in tutto il mondo.

L’OCSE, in uno studio pubblicato nel 2020, ha quantificato in almeno 11,3 trilioni di dollari le ricchezze scomparse dai radar dei sistemi fiscali degli Stati-Nazione. Questa è solo una stima, approssimata per difetto, perché il sistema criminogeno parallelo a quello legale è fondato sulla segretezza. In un’era di crescente autoritarismo e immense disuguaglianze, i Pandora Papers mostrano come il denaro e il potere operino nelle democrazie «liberali» e come lo stato costituzionale di diritto sia stato spezzato da un sistema autorizzato e tollerato dagli Stati Uniti. I Pandora papers hanno rivelato come lo stato americano del South Dakota sia uno dei paradisi fiscali mondiali. Decine di milioni di dollari sono parcheggiati in società che hanno sede nella capitale Sioux Falls. Parte di questi fondi sono legati a persone e aziende accusate di abusi di diritti umani o altri reati finanziari.

***IL CAPITALISMO-OMBRA: ECCO LE STORIE

I 14 appartamenti del re di Giordania e la rabbia libanese
Minaccia di «adire alle vie legali» la Casa reale giordana che respinge le rivelazioni contenute nei Pandora Papers che attribuiscono a re Abdallah la proprietà di quattordici abitazioni di lusso negli Stati uniti e in Gran Bretagna per un valore di oltre 100 milioni di dollari. Secondo quanto ha riportato l’agenzia di stampa ufficiale Petra è tutto «regolare» poiché non è un segreto che «sua Maestà Abdallah II possieda appartamenti non resi noti per motivi di sicurezza» e usati per le visite ufficiali. La Petra aggiunge che l’acquisto di queste proprietà è stato pagato con le risorse personali del re e non con fondi pubblici. Nei Pandora Papers spiccano i nomi anche del miliardario e premier libanese Najib Mikati, del suo predecessore Hassan Diab, del banchiere ed ex ministro Marwan Kheireddine e di Riad Salameh, il governatore della Banca centrale del Libano. Personaggi, in particolare Salameh e Diab, che sono stati nel mirino del movimento di protesta iniziato nell’ottobre 2019. E così le rivelazioni hanno accresciuto lo sdegno dei libanesi, la maggior parte dei quali da due anni protesta contro corruzione e malgoverno e affronta le conseguenze di una crisi economica spaventosa. Mentre poche persone agiscono illegalmente offshore la gente comune non può neanche accedere ai propri risparmi in banca.

Coloni evasori due volte: no tax anche all’estero
Tra centinaia di politici, funzionari pubblici, re, presidenti, capi di governo e ricchi di tutto il mondo coinvolti in colossali evasioni fiscali e con proprietà segrete rivelate dai Pandora Papers, ci sono anche 565 israeliani. Tra questi alcuni miliardari e l’ex sindaco di Gerusalemme Nir Barkat. Ma c’è anche il nome di un’organizzazione dell’ultradestra religiosa impegnata da più di trent’anni a facilitare la colonizzazione ebraica di Gerusalemme est, la parte palestinese della città, a scapito delle famiglie arabe residenti. Si tratta dell’associazione Ateret Cohanim che ha usato società fittizie per acquisire proprietà immobiliari a Gerusalemme est, dove i palestinesi sotto occupazione rifiutano, tranne che in casi rarissimi, di vendere le loro case o la loro terra agli israeliani. Ateret Cohanim, stanno alle indagini, però ha commesso un grave errore: non ha pagato le tasse, peraltro molte basse, nelle Isole Vergini britanniche dove si trovano le sue società di comodo. Perciò tecnicamente le Isole Vergini britanniche sono o sono state proprietarie di case a Gerusalemme est. Matti Dan, presidente di Ataret Cohanim, ha spiegato che si tratta di storie ormai vecchie e che nel frattempo, con l’aiuto i suoi consulenti legali, ha regolarizzato diversi casi aperti con le Isole Vergini.

America Latina: Destra offshore, con tre presidenti in carica e 11 ex
I Miliardari esagerati, potenti congregazioni religiose, popstar. E tanti politici, anche ai massimi livelli. In America latina tra i personaggi più vistosi tracciati a vario titolo nei Pandora Papers come frequentatori seriali di paradisi fiscali ci sono ben tre capi di stato in carica: il presidente cileno Sebastián Piñera – linee aeree, banche e miniere tra i settori prediletti -, quello dell’Ecuador Guillermo Lasso e il dominicano Luis Abinader. Degli 11 ex presidenti che seguono tre vengono da Panama, paese d’altro canto tra più ospitali per la finanza offshore – il preferito pare di Piñera e Abinader come della cantante colombiana Shakira. È ben rappresentato anche il Brasile, con il ministro dell’Economia Paulo Guedes e il governatore della Banca centrale Roberto Campos Neto. Guedes, economista-guru del presidente Jair Bolsonaro, padre tra l’altro di una riforma fiscale che di fatto detassa e agevola questo tipo di operazioni opache dei capitali privati sui mercati finanziari, ha investito miliardi in azioni del Dreadnoughts International Group, con sede alle Isole Vergini. Dai dati raccolti nell’inchiesta risulta però un primato tutto argentino: 2.521 i cittadini che risultano intestatari finali di conti offshore, un numero inferiore solo a quelli di Russia (4.437) Regno Unito (3.506). Non sono solo calciatori.

Pakistan: Ministri, militari e donatori: nei guai il premier Khan
I Membri del suo governo, donatori della sua campagna elettorale: i Pandora Papers investono in pieno il primo ministro pakistano Imran Khan, lui che nel 2018 era stato eletto proprio per la promessa di spazzare via l’élite politica corrotta e di indagare il coinvolgimento dei vertici pakistani nello scandalo precedente, quello dei Panama Papers.Tra i nomi della lunga lista, oltre 700 cittadini pakistani, il suo non c’è. Ma ci sono due ministri (quello per le Risorse idriche Moonis Elahi e quello delle Finanze Shaukat Tarin, con ben quattro società offshore) e alcuni ex vertici dell’intelligence e delle forze armate, a ribadire il potere politico ed economico di cui per decenni l’esercito ha goduto (e gode) nel paese con imprese e proprietà immobiliari di ogni tipo e in tutto il mondo, una ricchezza accumulata negli anni «d’oro» della presidenza Musharraf. E poi ci sono stretti familiari – figli, fratelli – di altri ministri, ma anche due sostenitori chiave della campagna elettorale di Khan: il banchiere (caduto in disgrazia) Arif Naqvi e l’imprenditore Tariq Shafi Khan ha reagito domenica, subito dopo l’esplosione dello scandalo, e ha promesso di «indagare tutti i cittadini menzionati nei Pandora Papers; se emergeranno comportamenti sbagliati prenderemo misure appropriate».

Africa: I tesoretti di comodo dei dittatori
Più prossimo alla fame è il reddito giornaliero, maggiore sembra essere la disinvoltura dell’establishment politico ed economico nel distrarre enormi quantità di denaro da investire nelle società di comodo offshore. L’Africa risponde presente nell’inchiesta del Consorzio. Tra i capi di Stato spiccano il presidente del Kenya Uhuru Kenyatta, il suo omologo gabonese Ali Bongo e il padre-padrone da 40 anni del Congo ex francese, Denis Sassou Nguesso, di cui erano noti gli interessi diretti legati all’industria petrolifera e del quale vengono ora documentati i successi nel settore diamantifero. Tuttoal sicuro nelle Isole Vergini. Stesso rifugio scelto per due compagnie riconducibili al presidente del Gabon, Ali Bongo Odinba, succeduto al padre Omar Bongo anche nella rapina sistematica dei beni dello stato. In tema sia di dinastie politico-familiari che di compagnie petrolifere nazionali utilizzate come bancomat, i Pandora Papers si occupano anche della Guinea Equatoriale e della GEpetrol, al centro di una disputa tutatta interna alla famiglia del presidente Teodoro Obiang, che guida la piccola potenza petrolifera dal lontano 1979. Gabriel Mbega Obiang, ministro del Petrolio, contro Teodorin Nguema Obiang, vicepresidente e numero uno tra i pretendenti al trono, oggetto di inchieste e condanne internazionali per corruzione . In questi giorni (servizio sul manifesto online) ha ripreso le sue vacanze italiane in megayacht tra Sardegna e costiera amalfitana. Debitamente documentato su TikTok l’atteggiamento di chi, nonostante sia rincorso dalla giustizia internazionale, può permettersi ogni capriccio. L’elenco dei vip africani della finanza offshore è completato da due premier, Patrick Aichi (Costa d’Avorio) e Aires Ali (Mozambico); e dal ministro degli Interni ugandese Jim Muhwezi.

Il caso del miliardario Babiš, primo ministro a Praga, a poche ore dalle elezioni
In base a quanto emerso dai Pandora Papers, Il primo ministro ceco, il miliardario Andrej Babis non avrebbe dichiarato una società di investimento offshore, fondata nelle Isole Vergini britanniche nel 2009, utilizzata per acquistare due lussuose ville per 15 milioni di euro nel sud della Francia. E anche per prestare denaro ad altre società fittizie di sua proprietà negli Stati Uniti e a Monaco. Babis ha respinto le accuse e ha detto di non aver fatto «niente di illegale». A suo avviso si tratta di un tentativo di screditarlo in vista delle elezioni dell’8 e 9 ottobre. «Non ho mai fatto nulla di illegale o sbagliato, ma ciò non impedisce loro di provare a denigrarmi di nuovo e a influenzare le elezioni parlamentari ceche», ha scritto su Twitter. Babiš sostiene – senza offrire prove – che dietro i Pandora Papers ci sarebbe sia l’imprenditore ceco Zdeněk Bakala, capo della casa editrice Economia, che possiede il settimanale Respekt, ferocemente avverso alla sua politica. In un dibattito pre-elettorale Petr Fiala, il capo della coalizione di centro-destra Spolu, ha invitato Babiš “a spiegare se ha usato denaro non tassato e come. Il primo ministro combatte contro i paradisi fiscali e poi li usa. Predica acqua e beve vino francese”, ha detto Ivan Bartoš, il capo della coalizione Pirati-Stan.

In Gran Bretagna coinvolti i Blair e i conservatori di Johnson
L’ex primo ministro britannico Tony Blair e sua moglie Cherie avrebbero risparmiato circa 300 mila sterline in imposte di registro dopo aver acquistato una proprietà immobiliare da una società offshore dove attualmente Cherie Blair ha insediato il suo ufficio legale. Non c’è alcun suggerimento di illecito da parte dei Blair o dei venditori, anche se l’accordo illustra come l’uso di società offshore che evitano le tasse sia diventato di routine per le transazioni immobiliari di alto valore. Il Tony Blair Institute ha accusato il Guardian, uno dei giornali che ha partecipato alla mega-inchiesta, di aver deliberatamente travisato l’acquisto dei locali dell’ufficio di Cherie Blair. I Blair hanno sempre pagato le loro tasse per intero e non hanno mai usato schemi di elusione offshore di alcun tipo. I Pandora papers parlano anche di un donatore del partito conservatore. Si chiama Mohamed Amersi e ha finanziato la campagna per la leadership di Boris Johnson, attualmente capo del governo. L’inchiesta sostiene che Amersi avrebbe consigliato un accordo che è stato poi scoperto essere una tangente di 162 milioni di sterline per la figlia del presidente dell’Uzbekistan. Gli avvocati di Amersi hanno smentito. Per loro gli accordi di base per l’affare erano già stati messi in atto prima del suo coinvolgimento.

Gli oligarchi russi, Cipro e le smentite di Putin
Un magnate del petrolio di origine russa, Viktor Fedotov, la cui azienda ha fatto enormi donazioni al partito conservatore inglese, sarebbe segretamente comproprietario di una società accusata di aver partecipato a un massiccio schema di corruzione. Fedotov ha detto di essere troppo indisposto per commentare, ma nega di aver fatto qualcosa di male. I Pandora Papers rivelano la straordinaria ricchezza nascosta della cerchia ristretta del presidente russo Vladimir Putin. Il suo amico d’infanzia e una presunta ex amante sono tra coloro che avrebbero accumulato una straordinaria ricchezza, nascosta attraverso società offshore. Uno studio legale fondato da Nicos Anastasiades, il presidente di Cipro, e che porta ancora il suo nome, è stato segnalato ai regolatori finanziari da un fornitore di servizi offshore che credeva avesse dato loro nomi falsi per nascondere i beni di un controverso oligarca russo. Il presidente insiste che non ha avuto niente a che fare con l’azienda per anni, mentre l’azienda nega fermamente qualsiasi cattiva condotta.

Dal Montenegro alla Francia, passando dall’Olanda
L’ex direttore generale del Fondo Monetario Internazionale ed ex ministro delle finanze francese ha utilizzato una società con sede in Marocco per incassare milioni di dollari in parcelle di consulenza, molte delle quali erano esentasse. I clienti includevano la compagnia petrolifera Rosneft e il conglomerato aeronautico cinese HNA Group. Nel 2018, Strauss-Kahn ha creato un’altra società di consulenza negli Emirati Arabi Uniti dopo che le esenzioni fiscali per la sua società marocchina sono scadute. Poi c’è Milo Ðukanović, un ex primo ministro e ora presidente che ha dominato la politica in Montenegro per decenni. Ha istituito due trust nelle Isole vergini britanniche nel 2012 con l’aiuto della società svizzera LJ Management – uno a suo nome e l’altro a nome di suo figlio. I trust sono stati finanziati da “guadagni di carriera e proventi da investimenti”, ma non sono disponibili informazioni su quali beni i trust detenevano. Ðukanović ha detto che il trust, che è stato creato quando voleva perseguire attività commerciali con suo figlio, non ha mai avuto alcuna attività commerciale, che non ha investito fondi in esso e che non ha aperto alcun conto bancario. I registri mostrano che il figlio possedeva anche due società di comodo delle Isole vergini britanniche. Infine c’è Wopke Hoekstra, il ministro delle finanze olandese. Ha acquistato azioni in una società delle Isole vergini britanniche chiamata Candace Management nel 2009 e poi altre azioni nel 2013 e nel 2014, mentre serviva come senatore olandese. Altri azionisti di Candace Management includono dirigenti di spicco della banca Abn Amro, una grande istituzione finanziaria olandese. I registri mostrano che Hoekstra deteneva 627 azioni di Candace Management a maggio 2017 e ha affermato di averle vendute prima di assumere l’incarico di ministro delle finanze nell’ottobre 2017.

La Commissione Europea: entro l’anno “una norma contro gli abusi delle società di comodo”
«Presenteremo una proposta prima della fine dell’anno», ha assicurato a Bruxelles il commissario agli Affari economici e monetari Paolo Gentiloni che ha parlato di «abuso» delle società di comodo che va perseguito ed eliminato. «La Commissione ha messo in campo un’agenda ambiziosa sulla trasparenza fiscale» ha sottolineato la portavoce della Commissione Ue, Dana Spinant. Al Parlamento europeo, riunito in sessione plenaria a Strasburgo, il primo dibattito sulle nuove rivelazioni si svolgerà nella giornata di mercoledì. L’obiettivo è di votare una risoluzione nella prossima sessione plenaria. «Se si vuole combattere efficacemente i paradisi fiscali, la black list dell’Unione europea deve essere accompagnata da sanzioni dure – ha detto l’eurodeputato Markus Ferber, portavoce del gruppo Ppe per gli affari economici -. Dobbiamo reimpostare la black list dell’Ue e assicurarci che contenga tutti i soliti sospetti e trovare sanzioni che sono un deterrente efficace, altrimenti sarà business as usual per i paradisi fiscali. I Socialisti e Democratici al Parlamento europeo hanno chiesto un «giro di vite sugli abusi fiscali». «L’Ue ha bisogno del voto a maggioranza qualificata in seno al Consiglio sulle questioni fiscali, della riforma del codice di condotta sulla tassazione delle imprese, di criteri più severi per i paradisi fiscali e di sanzioni rigorose, nonché di una maggiore trasparenza per contrastare in modo più efficace la criminalità finanziaria e l’elusione fiscale». «Mentre stiamo cercando di trovare modi per pagare il Recovery, i Pandora Papers rivelano in modo scioccante i veri costi del sistema finanziario ombra» ha detto Iratxe Garca (S&D).