Cantautore ma rocker nell’animo. Senza tentennamenti anche quando è caduto, in una fase della sua carriera, in qualche tentazione diciamo così elettronica. Edoardo Bennato si esprime da sempre come una piccola orchestra, chitarra, ritmiche sempre incalzanti, armoniche e quel semi falsetto che nemmeno le sessantasei primavere tradiscono. È uscito da poco con un nuovo album, Pronti a salpare (Universal) cinque anni dopo Le vie del rock sono infinite, con molte idee, tante storie e mille curiosità.

Come nel pezzo che intitola il disco, protagonisti gli immigrati che sbarcano sulle coste e che all’autore ha suggerito anche altro: «Non sono soltanto i disperati, il riferimento è soprattutto diretto a noi, i privilegiati. Dobbiamo capire che si sta entrando in un altro ordine di idee, in un mondo in continuo movimento. E allora dico, noi facciamo due passi avanti e uno indietro, ma è comunque un passo avanti per quella che io chiamo ’grande famiglia umana’. Un accumulo di esperienze dove anche quelle negative servono per evitare ulteriori traumi». È una raccolta costruita con molta attenzione negli arrangiamenti e nella scelta degli ambienti sonori.

È una macchina ad esempio, con la sua apertura ariosa per poi trasformarsi in cupo presagio grazie alle chitarre lancinanti di Giuseppe Scarpato: «Forse è il testo di cui vado più orgoglioso. Parla del nostro rapporto con le macchine. È l’uomo che le costruisce e quindi diventano umane, ci cambiano l’esistenza. È chiaro che vanno gestite, bisogna fare in modo che non prendano sopravvento. Possono anche distruggerti se non le usi nel modo giusto». Tra un quartetto d’archi, una citazione da un’aria di Rossini, spunta la vena ironica mai smarrita dall’autore di Io che non sono l’imperatore.

Al gran ballo della Leopolda vede protagonista su un ritmo boogie molto sixties, Pippo Civati..: «Io sono un provocatore, lo so, quindi devo farlo continuamente, scardinare i luoghi comuni. Il gran ballo della Leopolda rappresenta questa grande festa in cui ci si mette in mostra e ci si autocelebra, sulla spinta dell’ottimismo… Pippo lo conosco e mi piace come persona, inserirlo nella canzone è stato come un gioco in cui dico: se non vuoi andarci tu ci vado io. Un delirio, un po’ come facevo in Restituiscimi i miei sandali…».

Un gioco sì, certo la degenerazione della politica è sotto gli occhi di tutti: «Ma la classe politica è uno specchio della comunità che rappresenta. L’altro giorno leggevo che ogni comandante ha l’esercito che si merita e ogni esercito ha il comandante che si merita…». La voglia di farcela spinge il giovane Bennato a Londra dove suona per strada e nelle stazioni del metro. Ora le star spuntano dai talent: «Le etichette si sono tolte il disturbo di ascoltare cassette e giudicano direttamente i giovani in tv. Nelle forche caudine dei talent possono capire chi funziona e chi meno dopo tre o quattro passaggi. Quindi tante star per un giorno e poi si ricomincia. Il fatalismo delle major è dettato dall’incubo che da Londra o New York arrivino lettere di licenziamento, bisogna fatturare in tempi stretti e con un budget risicato. Un gioco al massacro, come ti ho creato così ti distruggo».