È durato pochissimo, ieri mattina in Gabon, il tentativo di rovesciare il regime del presidente Ali Bongo Ondimba da parte di un piccolo gruppo di militari ribelli.

DOPO AVER OCCUPATO nottetempo gli studi della radio nazionale, il tenente Kelly Obiang Ondo, comandante aggiunto della Guardia repubblicana, all’alba annunciava la creazione di un Consiglio di restaurazione nazionale, invitando esercito e popolazione, in special modo i giovani, a sollevarsi contro il governo. Per sventare il «feroce tentativo di mantenere il potere» da parte di Bongo, stante la «conferma dei pesanti dubbi sulle sue capacità di ricoprire la carica di capo dello stato».

Più che la prolungata assenza del presidente, che da ottobre è ricoverato in Marocco in seguito a un ictus, un ruolo sembrerebbe averlo giocato l’imminenza del suo ritorno, annunciato nel discorso tv di Capodanno da un Bongo apparso oltretutto in discreta forma. In ogni caso nessuno sembra aver seguito gli aspiranti golpisti, tantomeno l’esercito che a metà mattinata faceva irruzione nella sede della radio uccidendo due dei militari ribelli e arrestandone altri cinque, dopo aver liberato i giornalisti e i tecnici tenuti in ostaggio.

LA FRANCIA COME PREVEDIBILE ha condannato il tentativo di golpe in quella che è da sempre considerata la più docile e allineata delle sue ex colonie in Africa sub sahariana. Dal momento poi che tutto si è svolto nell’arco di poche ore e che le forze armate hanno sempre mantenuto il controllo della situazione, non c’è stato bisogno di mobilitare i circa 300 soldati che Parigi mantiene in pianta stabile a Libreville.

PER COMBINAZIONE nella capitale gabonese erano appena giunti circa ottanta soldati scelti che l’amministrazione Trump aveva deciso di inviare – ufficialmente – per un eventuale blitz nella Repubblica democratica del Congo, dove permane una pesante incertezza post-elettorale, a protezione dei cittadini e dei beni statunitensi a Kinshasa. Tenuto conto che Libreville, capitale di uno stato che ha pochi abitanti (circa 2 milioni) e tante risorse petrolifere da farne il quarto paese più ricco del continente, grazie alla sua posizione strategica è una delle roccaforti logistiche delle operazioni militari coordinate da U.s. Africom.

IL 59ENNE ALI BONGO, che nel 2016 ha conquistato un secondo mandato per un pugno di voti e una marea di accuse di brogli, aveva ereditato il potere – e con esso le ombre pesanti di autoritarismo e corruzione diffusa – nel 2009, alla morte del padre Omar Bongo (da qui il modo in cui lo chiamano i suoi avversari: Signor Figlio), che al potere ci stava dal lontano 1967. Anche grazie alle intercessioni di Usa e Francia.