Oddio, rieccolo! Ancora più che nelle file del centrosinistra è dall’altra parte della barricata che la ricomparsa di Silvio il redivivo semina panico. Il miracolato aveva già in mente da tempo la strategia da adottare, che è poi quella di sempre. Mettere insieme tutta l’area di centrodestra, frattaglie incluse. Ovvio che subito dopo la storica sentenza, il revenant si sia attaccato al telefono, domenica sera, per quattro affettuose chiacchiere con l’ex delfino nonché ormai quasi già ex traditore Angelino Alfano. Aria di riconciliazione e abbracci, urge abboccamento diretto, perché non un pranzetto il 24 luglio?

Tutto a posto? Proprio no. Perché oltre alla solita strategia il sovrano, per la ricompattata armata, ha in mente anche l’ancora più solita leadership: la sua. L’idea di passare davvero la mano non lo aveva convinto neppure quando, prima dell’assoluzione, pareva un percorso obbligato. Figurarsi adesso. Vero, con gli intimi parla di «primarie» di tutta la coalizione, magari già per la fine di quest’anno. Ma lo fa perché sa che la sua candidatura le renderà una beffa. Ed è anche vero che medita di chiedere una legge che gli consenta di accorciare i termini dell’odiata interdizione, quella che oggi gli impedirebbe di candidarsi. Ma se l’ennesima leggina ad personam dovesse farsi attendere, ci penserebbero i suoi parlamentari ad allungare il brodo delle riforme quanto basta per permettere al disarcionato di rimontare in sella e candidarsi.

Alfano, con le spalle al muro, magari accetterebbe pure. Non così i suoi ufficiali, che mitragliano a zero. «Berlusconi non può pensare di essere ancora lui il capo della coalizione»: questo è Cicchitto. «Se qualcuno pensa che la sentenza restituisca Berlusconi leader sbaglia. Una sentenza non sposta indietro le lancette della storia, né del centrodestra»: questo è Schifani, che fino a pochi mesi fa uno più fedele non lo trovavi. Ovvio che i forzisti, piccati, rispondano sulle stesso tono. «Non mi pare che il partito più piccolo della coalizione possa dettare le condizioni», va giù sprezzante Licia Ronzulli, e per una volta in Fi non c’è nessuno che la pensi diversamente.

Il compito di smussare gli spigoli se lo assumerà Alfano, in un incontro fissato per oggi con ministri e alti dignitari del suo partito. Spiegherà che bisogna tenere bassi i toni, che l’importante è dar vita a una grande forza italiana del Ppe, che il ridimensionamento del ruolo dell’assolto è nell’ordine delle cose e non c’è bisogno di rimarcarlo oltre. Già vagheggia di ritrovarsi di nuovo delfino.

Ma anche se convincerà, come è possibile, i duri dell’Ncd, la strada non sarà in discesa. Già in Fi l’ipotesi di un ritorno in auge del traditorissimo spingerà verso le armi l’area, già tutt’altro che tranquilla, di Raffaele Fitto. Fuori dal perimetro dell’ex Pdl, sarà molto peggio. Perché Alfano e i suoi hanno apertamente messo l’ex capo di fronte a un aut aut: o noi o «gli estremisti», cioè la Lega. Ma in tutta la destra italiana l’unica forza che vede da mesi crescere il proprio consenso è proprio la Lega, senza la quale un nuovo centrodestra sarebbe la caricatura del potentissimo esercito che per vent’anni ha tenuto banco nella politica italiana.

E la Lega non solo non vuole saperne di Alfano e alfanini vari, ma non è affatto detto che accetterebbe la leadership di Berlusconi se non al prezzo di condizionarne per intero la linea politica. Risorto o meno, Berlusconi, politicamente, è di nuovo in un vicolo cieco. Dal quale, forse, spera di uscire imponendo a Renzi l’ingresso a pieno titolo nel governo. Non sarà facile che gli riesca…