La legge sugli ecoreati arriva nell’aula di Montecitorio senza modifiche. Dopo 24 ore di trattative, la commissione Giustizia della camera ha licenziato il testo senza cambiare una virgola. Diciannove emendamenti erano stati respinti, ma la vera pietra dello scandalo, cioè gli emendamenti che sopprimevano il divieto di trivellazioni esplosive, in concreto il cosiddetto air-gun nei fondali marini, sono stati ritirati senza passare per il voto. Il capogruppo di Ap in commissione Giustizia Pagano, però, ha già annunciato che ripresenterà l’emendamento in aula: «Siamo convinti che ci siano ancora i margini per un ravvedimento». Il Pd pare deciso a respingere la proposta, ma solo per restituire ai petrolieri le trivellazioni esplosive in un secondo momento, quando le elezioni saranno passate, con un provvedimento ad hoc.

Se non ci saranno possibili sorprese e il testo non verrà modificato, la legge, in attesa di approvazione da oltre vent’anni nonostante una precisa direttiva europea del 2008 recepita sulla carta e disattesa nella pratica, non dovrà tornare al Senato, subendo così l’ennesimo rallentamento proprio a un passo dal traguardo.

Non significa però che il governo si sia arreso e non intenda più piegarsi alle pressioni massicce della lobby dei petrolieri. Il divieto di usare metodi di trivellazione esplosivi, considerati letali per l’ambiente marino da molti e dettagliati studi scientifici, era stato votato dall’aula del Senato nonostante il parere negativo del governo. Martedì sera, in un vertice tra i ministri delle Riforme Boschi, dell’Ambiente Galletti, della Giustizia Orlando, i capigruppo di maggioranza in commissione Giustizia e Ambiente e il relatore Alfredo Bazoli (Pd), era stata assunta la decisione di sopprimere quell’articolo votando a favore degli emendamenti di Fi, Sc e Ap contrari al divieto, sia in commissione che in aula.

Il problema è che in questo modo la legge dovrebbe tornare al Senato per una nuova lettura, e non è affatto detto che palazzo Madama si piegherebbe all’ennesimo diktat del governo. Lì, infatti, il divieto di adoperare l’air gun era passato col voto di alcuni senatori appartenenti proprio ai gruppi che alla Camera chiedevano di reintrodurre le esplosioni, incluso il presidente della commissione Ambiente Marinello, di Ap. A sua volta l’ennesimo rallentamento rischiava di avere un effetto decisamente negativo, soprattutto per il Pd, nelle elezioni regionali.

Così ieri, per tutta la mattina, sono proseguite le trattative, nella speranza di ottenere anche al Senato la garanzia di una rapida approvazione del testo con permesso di trivellare. Gli esiti però non sono stati confortanti. La presidente del Gruppo Misto-Sel Loredana De Petris ha dichiarato guerra: «La scelta è gravissima nel metodo e nel merito. Così il governo mette a repentaglio una legge che attende da vent’anni e dimostra di voler proteggere solo gli interessi dei petrolieri». Poco rassicuranti anche i segnali provenienti dai senatori di maggioranza che avevano approvato l’articolo, nonostante la posizione contraria del governo.

Il ministro Galletti, che nel vertice di martedì era stato il più deciso nel sostenere le trivellazioni, ha così dato il segnale di una ritirata strategica: «L’importante è che il ddl diventi legge nel più breve tempo possibile. La norma sull’air gun l’ho sempre considerata sbagliata e tale la considero ancora, ma tutto deve essere compatibile con i tempi brevi che necessitano». Significa far passare ora il testo come votato dal Senato e poi modificare la norma della discordia? «Le tecnicalità non mi interessano. L’importante è il risultato. Poi si vede».

Parole neppure troppo sibilline. Per Renzi la legge sugli ecoreati è un fiore all’occhiello da spendere in campagna elettorale, e non intende certo rinunciarvi. Dunque la legge deve essere approvata subito, così da permettere al premier di rivendicare il varo di un provvedimento da tutti considerato necessario dopo due decenni. Ma subito dopo, quando la campagna elettorale sarà terminata e Renzi avrà sbandierato ovunque il successo, arriverà il momento di pagare il debito con la lobby dei petrolieri. Renzi ha già deciso di saldarlo.