Affollata inaugurazione alla Triennale di Milano, presso il Teatro dell’Arte, per l’edizione numero 26 del Festival cinema Africano Asia e America Latina. Il tentativo di spostare l’approccio, almeno nell’immaginario, viene già dal manifesto dove la testa di una zebra è rappresentata in maniera stilizzata con un caleidoscopio di colori che stravolge e rilancia il bianco e nero originale. Così, mentre il cinema in sala troppo spesso usa il paraocchi del mainstream e del pregiudizio, le sviste distributive hanno reso ricchissimo il cartellone del festival impreziosito da presenze registiche importanti. Come quella di Beat Takeshi approdato con il suo film più recente Ryûzô to 7 nin no kobun tachi (Ryuzo e i 7 compari) proprio per inaugurare la rassegna. Kitano è un genio. Assoluto. Ha già saputo affrontare la Yakuza in diversi film e con diversi approcci, malinconici, laconici, imprevedibili, violenti. La sua filmografia ci ha regalato capolavori come Sonatine (1993), Hana bi (1997), L’estate di Kikujiro (1999), Zatoichi (2003) e il leone d’oro veneziano Outrage Beyond (2012).

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Questa volta punta sulla pochade attraverso la monumentale interpretazione di Tatsuya Fuji nei panni e tatuaggi del protagonista Ryuzo. E forse qualcuno ancora lo ricorda come protagonista maschile del magnifico Ecco l’impero dei sensi (1976) di Nagisa Oshima. Qui è un ex malavitoso di rango, un anziano pensionato yakuza costretto a vivere in casa con figlio impiegato, nuora cicciottina, nipotino perplesso (ma affezionato), gatti e fringuelli. Famigliola tremebonda quando lui nel cortiletto di casa lascia intravvedere gli inconfondibili tatuaggi della malavita giapponese, del resto non c’è bisogno di spogliarsi per capire il passato dell’uomo cui mancano due falangi, punizione rituale dell’ambiente per gli errori commessi. Così, rimasto solo in casa, Ryuzo non si perde d’animo, si ritrova con il suo vecchio sodale Masa, col quale beve abbondantemente, scommette su tutto e ritrova l’arroganza dei bei tempi, seppure ormai fuori luogo, ma funzionale al manzai, il duetto comico versione giapponese. Quando cercano di intortarlo con una truffa, anche grazie a Masa, non casca nel tranello. Il vecchio poliziotto, interpretato dallo stesso Kitano, gli dice che ora è la gang Keihin Rengo che traffica e orchestra anche raggiri come quello tentato contro di lui. Ryuzo allora decide di rimettere insieme una squadretta coi suoi vecchi compari.

Tutti convocati all’Ueno Park sotto la statua del mitico Saigo Takamori, conosciuto come l’ultimo samurai. Hanno già incontrato Mokichi, un tempo boss, ora costretto a microraggiri da pochi spiccioli, e un po’ alla volta arrivano gli altri ex magnifici 7. Mac, chiamato così perché fanatico dei film d’azione di Steve McQueen, ha sempre in mano la sua pistola, prontissimo nel volerla usare ma completamente imprevedibile nella mira. Ichizo ne aveva stesi con il suo bastone che racchiude una baionetta, ora però si limita a infilzare mozziconi. E ancora il lanciatore di chiodi e il killer dei bagni.

Tutti insieme si lanciano alla riconquista del territorio contro quella banda di giovani irriverenti e usurpatori. Ma, oltre alle risate determinate dall’imprevedibilità grottesca delle situazioni, Kitano, tra le righe, compie anche operazioni che puntano in diverse direzioni. Ecco quindi i quartieri degradati, dove vivono i poveracci, come sono alcuni di loro, i travestiti, le escort, la protesta ecologica, tutto con una massiccia dose di autoironia.

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C’è del divertimento nel raccontare di questi vecchietti che non vogliono gettare quel residuo di dignità rimasta, ma c’è anche una grande compiaciuta complicità da parte degli interpreti, indifferenti nei confronti di un mondo che va a carte quarantotto e si scandalizza se si sono mangiati i fringuelli. Un mondo che non capisce il loro codice d’onore, ormai prosciugato da ogni eventuale interferenza con la criminalità. Anche se il legame col passato permette di creare un punteggio gerarchico per il presente: 10 punti per omicidio, 5 per vessazioni e rapine, 1 per ogni anno di galera. Così, con oltre 50 punti Ryuzo guadagna il ruolo di boss, gli altri saranno scagnozzi.

Così si coniuga la nuova democrazia della rinata famiglia yakuza. E non manca lo sberleffo agli inseguimenti dei film d’azione con i nostri su un autobus di linea dirottato per inseguire l’auto dei nuovi cattivi tra i vicoli della città condito dalla follia di un vero kamikaze.
Un inizio folgorante per il Festival che ha in serbo molto da offrire agli appassionati di cinema coniugato in termini meno banali e convenzionali.