Esistono luoghi cruciali capaci di contenere una forza privata, intima quanto universale e pubblica. Luoghi che amiamo definire magici, ma che forse in realtà contengono solo le infinite rifrazioni di cui sono capaci le nostre percezioni. E nulla come ricercare le proprie origini e il senso più profondo della propria identità può spingere verso questi spazi dall’infinita densità.

UN VIAGGIO A RITROSO è quello che compie la protagonista di Sacrilegio (La Nave di Teseo, pp. 286, euro 20), il romanzo d’esordio di Alessia Biasatto. Un viaggio che è un ritorno a casa, verso una Grecia contemporanea che, da sempre, sconta la fragilità di uno scarto emotivo e sostanziale tra la sua mitologia e la sua realtà quotidiana fatta di fatica, non poche umiliazioni e povertà sostanziale che la relega nella modernità a luogo periferico del mondo e dei suoi cosiddetti accadimenti. Anche se, chiaramente, la Grecia resta un luogo inevitabile, un prisma assoluto della nostra stessa concezione umana di esistenza.
Di fronte a quel prisma lucido e imperscrutabile si trova così Theodora, la protagonista di Sacrilegio; il ritorno a casa per lei non è che una tappa di un viaggio in cui mettere in discussione la sua intimità più profonda di donna e di essere umano.

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UNA VERA E PROPRIA SFIDA che Theodora lancia a se stessa e a una cultura tanto profonda e complessa quanto contraddittoria e fortemente maschilista. Il suo viaggio assume la forma di una vera e propria missione sotto mentite spoglie, un’indagine che la conduce – prima donna – fin dentro i misteri e la mistica del monastero del monte Athos. Non semplicemente un luogo religioso, ma un territorio autonomo in terra di Grecia al confine con la Macedonia.
Entrare nello Stato monastico autonomo del monte Athos significa varcare un confine, e se per approdare in Grecia Theodora ha dovuto attraversare la sua stessa storia, per il monte Athos il passaggio è ben più traumatico.

THEODORA DEVE infatti entrare in un luogo che è sì contenuto all’interno della propria storia – pubblica e privata – ma che è anche totalmente estraneo alla propria biologia e sostanza. E quindi Theodora taglia i propri capelli e camuffa il proprio corpo per farsi uomo, un giovane uomo, un pellegrino alla ricerca di pace e spiritualità. Alessia Biasatto nata a Trieste e residente ormai da anni a Barcellona ha un’evidente consuetudine con i confini e con la loro assurda pretesa di diversità nazionale, così come sa ben scovare l’intima e irriducibile originalità che è figlia di cultura e territori specifici. Una naturale fioritura che contraddistingue la capacità degli uomini e delle donne di adattarsi e farsi comunità in ogni parte del mondo.

QUESTA SENSIBILITÀ che non rinuncia alle tipicità della contemporaneità esce con assoluta precisione in questo che è un romanzo in bilico tra un’avvincente avventura a tratti anche leggera e una profonda disamina di ciò che significa raggiungere quella profondità – non priva di dolore e sofferenza – che identifica e plasma la propria identità. Leggendo Sacrilegio viene subito alla mente Il nome della rosa di Umberto Eco, paragone forse ovvio se non fosse che è proprio la scrittura efficace, puntuale e mai fuori tono ad avvicinare il romanzo di Biasatto a quello di Eco.
Ben più della vicenda stessa, è la grana di una scrittura che ha la forza e la sincerità di immergersi in un mondo altro e complesso a restituire il senso della storia e dei suoi inevitabili conflitti.
Sacrilegio mischia avventura e profondità analitica senza mai banalizzarne gli esiti. Grazie a una voce sicura, il libro restituisce al lettore una forza romanzesca oggi per nulla scontata.