Il contagio ristagna e i tamponi si fanno ancora troppo lentamente. Scelta la app per il contact tracing: si chiamerà «Immuni».

NELLE ULTIME 24 ORE, sono morte 575 persone di Covid-19. Erano state 525 nella giornata precedente e ora il totale è di 22745 morti. L’incremento di nuovi casi è di 3493, un po’ meno dei 3786 del giorno prima. Le persone positive al Coronavirus sono state oltre 172 mila. Anche il capo della Protezione civile Angelo Borrelli deve averne abbastanza di raccontare cifre quotidiane sempre meno significative. Ma invece di trasformare l’incontro con la stampa quotidiana in un’analisi più approfondita, la Protezione civile ha deciso di rendere ancora meno trasparente la gestione dell’epidemia: l’incontro quotidiano con i giornalisti d’ora in poi è annullato e sarà sostituito da due conferenze stampa settimanali, lunedì e giovedì. Invece, proprio in presenza di dati oscuri la loro analisi diventa utile. Salite e discese dei numeri nascondono una situazione stagnante. In una settimana, il numero di nuovi casi è calato solo del 10%. A questo ritmo, la fase due sembra lontanissima.

LA LUNGA CODA dell’epidemia si deve soprattutto a contatti che avvengono all’interno di comunità chiuse, come ospedali e strutture per anziani. «Sono contatti ravvicinati che potranno continuare», ha detto l’epidemiologo Giovanni Rezza, direttore del reparto malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss). Neanche le analisi degli esperti contenute nell’ultimo rapporto dell’Iss mostrano sostanziali novità. L’Istituto ha censito ancora 100 «zone rosse», cioè piccoli comuni o singole strutture in cui sono applicati divieti di ingresso e uscita più restrittivi. La loro creazione è dovuta alle regioni che individuano focolai epidemici in fase di sviluppo. È un segnale di «forte reattività nel segnalare e intervenire precocemente sui nuovi focolai», secondo Rezza.

SULLA REATTIVITÀ delle regioni però qualche dubbio viene. Ogni giorno si scoprono nuovi focolai soprattutto nelle case di riposo: l’indagine dell’Iss ha rintracciato 2724 decessi nelle residenze sanitarie riconducibili al Covid-19 (il 40% dei decessi nelle Rsa). Eppure, nessuna «zona rossa» è stata creata né in Lombardia né in Piemonte, dove si trovano gran parte di questi focolai.

Un altro numero sembra smentire la presunta reattività: è il tempo necessario per essere sottoposti a tampone dopo la comparsa dei sintomi. Bastavano 3 giorni a fine febbraio, diventati 6 a marzo. Ora, nonostante la pressione sembri diminuita, serve in media una settimana. Il dato mostra quanto sia lontano l’obiettivo di rintracciare nuovi contagi in modo tempestivo, una funzione decisiva senza la quale la «fase due» sarà un nuovo disastro.

L’APP PER IL TRACCIAMENTO dei contatti permetterà di abbreviare i tempi? Forse, ammette Silvio Brusaferro, presidente dell’Iss: la app «non toglie il fatto che si debbano contattare le persone. È uno strumento che velocizza, ma stiamo già lavorando sul punto chiave del raggiungimento dei contatti».

Proprio ieri il commissario della Protezione Civile Domenico Arcuri ha ufficializzato la scelta della app italiana dedicata al contact tracing: si chiamerà «Immuni» e sarà sviluppata dall’azienda Bending Spoons, finora nota più per le sue app dedicate al fitness e ai quiz. L’app rispetterà i requisiti di privacy imposti dal ministro Pisano e dall’Ue: niente Gps (userà il Bluetooth per rilevare i telefoni vicini), dati anonimizzati e codice aperto. Ma i tempi per la disponibilità sugli smartphone non saranno brevi come sembrava.

ANCHE LA PROTEZIONE dei sanitari è rimasta uno slogan, almeno per il momento. Il numero di operatori contagiati è sempre il 10% del totale. Si tratta però di una sottostima, dovuta al ritardo con cui vengono comunicati i dati sui sanitari. Una volta consolidati, questa percentuale sale al 15%, e non accenna a calare. E così aumentano ancora i sanitari morti a causa dell’epidemia, ormai 131 tra i medici e 34 tra gli infermieri.