L’Occidente si ritrova piegato sotto il peso di una terribile crisi economica, sociale e culturale, ma, come al solito, c’è sempre qualcuno che ha qualcosa da guadagnare.

È il caso delle destre radicali che, alimentando paure ataviche e sventolando teorie complottistiche, si ritrovano nella condizione di raccogliere consensi elettorali altrimenti insperati. «Non è una novità», avrebbero cantato i punk Disciplinata, e non è neanche un caso che laddove si è registrato l’epicentro della crisi europea, in Grecia, si annidi la formazione di estrema destra di maggior successo: «Alba Dorata» ha infatti raccolto il 7% dei consensi nelle elezioni del 2012. La ricetta è sempre la stessa: retorica nazionalistica di importazione, dosi industriali di xenofobia e, magari, tanto per gradire, un po’ di strali assortiti contro le Banche e la Finanza Internazionale, privi di qualsiasi volontà di approfondimento. Alba Dorata punta sulla disperazione e sul risentimento, sentimenti sui quali queste destre speculano avidamente e scriteriatamente.

A fare chiarezza esce adesso un libro del giornalista e saggista greco Dimitri Deliolanes, intitolato Albadorata (edizioni Fandango, pp. 201, euro 15), che ricostruisce la storia del movimento xenofobo greco e dei suoi principali leader e militanti; si tratta di un lavoro utile e documentato, che ha il merito principale di consegnare al lettore quella che è la reale cifra di un simile movimento: ancor più che una minaccia per la democrazia europea (a dispetto dal sottotitolo scelto dagli editori), una accolita di teppisti di estrazione lumpenproletariat che con molto cinismo è riuscita ad assicurarsi un po’ di potere e che meriterebbe di esser riconsegnata ben presto alle oscurità da cui proveniva.

Le pagine che ricostruiscono puntigliosamente i vari episodi di violenza di cui il leader Michaloliakos e camerati si sono ripetutamente macchiati sono cronache necessarie e avvincenti, ma, soprattutto, è apprezzabile la volontà dell’autore di glissare riguardo a presunte radici culturali del fenomeno in questione che, troppo spesso, in questo come in altri casi, vengono mitizzate da analisti e cronisti finendo per donare ai movimenti avversati un alone di «magnetismo di minoranza» che non meritano.
La verità è che destre radicali come quelle incarnate da «Alba Dorata» rappresentano il grado zero della ideologia politica e non bastano certo qualche maldestro e inappropriato riferimento all’esoterismo (il nome del movimento discenderebbe dall’ordine ermetico inglese della Golden Dawn, in cui operò anche il famigerato mago Aleister Crowley), qualche fantasia storica priva di qualsiasi riscontro (come quella che vorrebbe immaginare un Hitler filoelleno), l’eterna, schizofrenica, oscillazione tra un neopaganesimo da adolescenti turbati e un Cristianesimo di stampo fondamentalista (un itinerario, quest’ultimo, che non è sconosciuto alla Lega Nord) e magari l’intreccio tra la militanza politica di alcuni dei suoi membri con le attività musicali in ambito black metal, per creare un soggetto politico degno di una seria analisi. Tanto per fare un parallelismo il cosiddetto settore editoriale sui «misteri nazisti», spesso affidato a pubblicazioni di scarso livello, ha un pubblico vastissimo e trasversale e continua ad ispirare anche molti autori di narrativa (è proprio di questi giorni un bel romanzo di Roberto Franco All’alba dei nidi infranti, in cui si immagina una nuova forma di terrorismo nero, allo scopo di disintegrare l’Unione Europea).

Si farebbe un errore a credere a tali suggestioni e forse ancor più sbagliato sarebbe voler criminalizzare quei riferimenti, riguardo ai quali gioverebbe invece una cospicua opera di «disvelamento», fuori dalle categorie precostituite.

«Alba Dorata» e altre realtà simili, dunque, sono movimenti reattivi alla modernità i cui aderenti, per nutrire quella voglia di «mistero» che gli osservatori sembrano spesso morbosamente mostrare. È evidente che non si può addossare la colpa del successo di un movimento come Alba Dorata all’atteggiamento della stampa e dei media, ma eliminare qualsiasi forma di mitizzazione sarebbe comunque cosa giusta e necessaria.

È auspicabile che «Alba Dorata» cada da qui a qualche tempo nel dimenticaio, anche se è altamente probabile la comparsa di altri analoghi demagoghi, che continueranno a speculare sulle paure della gente non fornendo al contempo alcuna risposta meritevole di riflessione, e l’oblio che seguirà sarà il medesimo. In questo senso ancora una volta, la conoscenza è l’anticorpo più efficace.
Se su Hitler e il nazionalsocialismo continueranno ad uscire milioni di pagine in tutto il mondo, questi «Führer parastatali», così come li ha beffardamente definiti Deliolanes, sciatti e prevedibili nella loro vis polemica, diverranno tante oscure parentesi della storia. Ed è forse questa la pena peggiore per movimenti come questo di «Alba dorata».