«Prima che la norma entri in vigore non c’è nessun comportamento illegale. Ma è chiaro che ci possono essere imprese che decidano di licenziare o di mettersi d’accordo con i rappresentanti sindacali per un cambio di contratto – magari sei mesi a tempo determinato – per sfruttare gli incentivi previsti nella legge di stabilità. In attesa poi dell’arrivo del contratto a tutele crescenti che renderà semplice licenziare senza il reintegro». Il «rischio» paventato dal professor Carlo Dell’Aringa – docente di economia politica alla Cattolica, sottosegretario al Lavoro del governo Letta e ora «semplice» parlamentare Pd – è il nocciolo del problema che il governo si trova tra le mani.

Il rischio che le imprese sfruttino le nuove norme c’è. Come evitarlo?Sarebbe stato opportuno limitare gli incentivi alle imprese che non licenziano, per esempio, prevedendo che li possano avere solo quelle che non hanno licenziato nell’ultimo anno. Ma il governo ha deciso di togliere qualsiasi paletto per dare un colpo di frusta alle imprese, nell’idea che solo così si crei reale occupazione. È vero che troppi paletti hanno depotenziato gli effetti degli sgravi per le assunzioni a tempo indeterminato che avevamo previsto con il ministro Giovannini durante il governo Letta. Ma fra i due estremi si poteva trovare un compromesso. Senza paletti c’è realmente il rischio che le imprese cerchino vie traverse e che i lavoratori siano doppiamente penalizzati: licenziati prima, assunti poi con contratti peggiori e col rischio reale di venire licenziati nuovamente.

La Uil ha calcolato che se – come ventilato – il Jobs Act fissasse l’indennizzo per il licenziamento in una mensilità e mezzo per anno, gli sgravi alle imprese sarebbero superiori ai costi del licenziamento, specie per i salari medi. Il governo sarà costretto ad aumentarli?
Credo di sì. Ma non sono io a dover scrivere le norme, mi sono limitato a presentare alcuni emendamenti al testo della delega. Per fortuna nella legge di stabilità è rimasta la norma che prevede come possa usufruire degli sgravi solo un lavoratore senza contratto a tempo indeterminato negli ultimi sei mesi: in questo modo si limita almeno un uso distorto degli sgravi.

Parti sociali e governo – con il solo ministro Poletti e senza Renzi – tornano a incontrarsi a palazzo Chigi. Crede che sarà vero dialogo o mera comunicazione di quanto già deciso per i decreti attuativi del Jobs Act?
Visto che il governo ha confermato che presenterà i testi nel consiglio dei ministri del 24 dicembre non credo siano ancora pronti e quindi spero che ci sia spazio per un minimo di confronto con le parti sociali, che sono poi quelle che devono applicarli. Non credo però che in discussione ci siano le questioni fondamentali e importanti, ma solo piccole sfumature che non incidono sui principi, come possono essere l’aumento degli indennizzi per i licenziamenti di tipo disciplinare.

Il governo è orientato a presentare subito il decreto sul contratto a tutele crescenti e solo in seguito gli altri. Voi della commissione Lavoro dovrete comunque dare un parere non vincolante. Con quali tempi?
La norma prevede 30 giorni di tempo e quindi ci pronunceremo entro il 24 gennaio. Credo però che il governo ci chiederà di accelerare per fare entrare in vigore il contratto il prima possibile. Mi pare però assai difficile riuscirci entro il primo gennaio.