Il confronto sulla legge elettorale, sull’emendamento del relatore Fiano e sul modello similtedesco, può essere letto sul piano dei principi, e su quello delle convenienze.

Quanto ai principi, troviamo anzitutto il richiamo alla incostituzionalità.

È un argomento che va usato con prudenza e saggezza, soprattutto guardando alla giurisprudenza costituzionale. Diversamente, si rischia di perdere la battaglia, dando la percezione negativa di una Costituzione che non garantisce i diritti.

Per la legge elettorale la Corte ha disegnato per la incostituzionalità una griglia a maglie molto larghe.

Essenzialmente, le scelte sono lasciate alla discrezionalità del legislatore, salvo il caso di manifesta irragionevolezza. Un concetto inafferrabile. Quando è che l’irragionevolezza diventa manifesta?
È una giurisprudenza debole, che ha disegnato per la stessa Corte un ruolo sostanzialmente marginale. Si indicano i principi della rappresentatività delle assemblee elettive e del voto libero e uguale come cardini del sistema democratico, ma alla fine li si lascia assoggettati alla scelta discrezionale del legislatore. Un omaggio verbale.

Poteva la Corte fare di più? Certamente. Ma non l’ha fatto, sui punti nodali: premio di maggioranza, soglia di accesso al premio, ballottaggio, sbarramento, sommatoria di sbarramento e premio, pluricandidature, voto bloccato su capilista o liste.

Dove ha dichiarato la incostituzionalità, ha lasciato al legislatore la possibilità di rientrare con soluzioni diverse.

Per questo, riprendere la via giudiziaria probabilmente non porterebbe a risultati eclatanti. Possiamo forse dire che è con certezza manifestamente irragionevole uno sbarramento al 5%? O un sistema di collegi uninominali e liste bloccate? O la mancata previsione di una preferenza?

L’unico punto di attacco relativamente solido si trova, a mio avviso, nel voto congiunto per il collegio e la lista, che produce di fatto un esito simile a quello censurato nel Porcellum: tutti i parlamentari sono alla fine nominati, e l’elettore sceglie solo un simbolo.

Nell’insieme, abbiamo lo stesso effetto limitativo del Porcellum sulla libertà di voto. Inoltre, la scelta del collegio maggioritario uninominale dà in principio all’elettore l’affidamento che il vincente sia eletto. Ma nel testo in discussione questo può non accadere, per la prevalenza data al capolista del listino (esito peraltro meno probabile con la riduzione del numero dei collegi e delle circoscrizioni da ultimo proposta). Qui si può trovare una intrinseca irrazionalità, e una indicazione per il voto disgiunto, purché non a spese dell’esito proporzionale. Ma per il resto prudenza indica che – di fatto – la partita della costituzionalità è sostanzialmente chiusa.

Veniamo alle convenienze. Fanno tenerezza gli orfani dell’Ulivo e del centrosinistra – da Prodi a Letta, passando per Parisi e Veltroni – che lamentano il ritorno al cupo passato del proporzionale. Nel passato vivono proprio loro, protagonisti di oltre vent’anni di maggioritario di collegio o con premio che hanno sfasciato i partiti e la politica, e certo non hanno dato stabilità, buon governo, buone leggi. Il maggioritario distorcerebbe in misura inaccettabile il sistema multipolare di oggi, mentre la sinistra solo con un proporzionale può sperare di tornare davvero in campo.

Uscire dal maggioritario coatto dei premi di maggioranza è una vittoria che viene dal voto del 4 dicembre. Quel voto ha sventato un disegno eversivo della Costituzione repubblicana, volto a mettere il paese nelle mani di un solo partito minoritario artificiosamente blindato nei numeri parlamentari, e del suo leader. Sulla difesa del proporzionale la sinistra deve assolutamente attestarsi, perché questa è la sua convenienza. Qualche pezzo può anche nell’immediato pensarla diversamente, per contrattare un capetto o aspirante tale in parlamento. Ma il prezzo è la subalternità. Invece, una sinistra che guarda al futuro e vuole ricostruirsi per ridare dignità e speranza ai giovani, alle famiglie, alle donne e agli uomini che l’hanno perduta, può trovare la sua occasione nel proporzionale e nel riconoscimento pieno della forza che riuscirà ad avere.

La condizione è che presenti una proposta competitiva e credibile, e punti alla massa critica necessaria a contare nella politica che verrà.

Saprà cogliere l’occasione? Non lo sappiamo. Bisogna muoversi ora, subito. Essere o non essere, that is the question.