«Una ventata di populismo arriverà anche dalla Germania: tutti i partiti cercheranno di erodere consensi ad Alternative für Deuschland (AfD)». Ulrike Herrmann, caporedattrice economica del quotidiano berlinese die Taz teme le conseguenze dell’affermazione della nuova forza anti-europeista tedesca. In un recente articolo pubblicato dall’edizione tedesca di Le Monde Diplomatique descrive i problemi della gestione della crisi economica: per arginare i nuovi populismi – sostiene – serve un’inversione di rotta.

Herrmann, a suo giudizio qual è il dato principale delle elezioni per il futuro dell’Eurozona?
Dopo le elezioni, la questione determinante per la politica europea è il drastico cambiamento nei rapporti politici interni alla Germania. L’ incredibile successo degli euroscettici di AfD e il fallimento del partito liberale (Fdp) sono novità che cambieranno radicalmente il dibattito in Germania.

In che senso?
Bisogna riconoscere che il consenso intorno a posizioni euroscettiche – direi quasi nazionaliste – è aumentato, e tutti i partiti cercheranno di servirsene. La retorica nei confronti dei paesi sud-europei diventerà più aggressiva: dovremo aspettarci questo atteggiamento anche da parte di molti politici democristiani «di seconda fila».

Siamo probabilmente alla vigilia di una grosse Koalition tra Cdu-Csu e Spd. L’ingresso dei socialdemocratici nel governo potrebbe influire positivamente sulla gestione della crisi economico-finanziaria europea seguita sin qui dal governo tedesco? 
Non credo che arriveranno particolari novità dal probabile ingresso della Spd nel prossimo governo: l’orientamento della Germania sulle misure anticrisi non cambierà. A pagare le conseguenze di un fallimento dell’Euro saremmo noi in primis: i crediti che le banche tedesche hanno nei paesi sud-europei, come risultato dell’export, diventerebbero inesigibili, poiché le nuove divise subirebbero immense svalutazioni, e questo porterebbe le nostre banche al collasso. Il governo tedesco deve scongiurare la fine dell’Eurozona, ma per raggiungere l’obiettivo non farà niente di più dello stretto indispensabile. Ad esempio, gli eurobond sono un’opzione che è uscita dal dibattito politico. La Spd, all’inizio della crisi, sosteneva, assieme ai Verdi, la loro introduzione. Ora però si sono resi conto che i cittadini tedeschi sono contrari e non muoveranno un dito per chiederne l’introduzione.

Con la Spd al governo, quindi, non cambierà nulla nella politica economica? 
È probabile che venga inserito il salario minimo: le richieste della Spd alla Cdu per entrare nel governo verteranno proprio su questo punto. Il rischio concreto è, però, che non sia sufficientemente alto: potrebbero trovare un accordo a 8 euro, mentre una cifra ragionevole – in relazione alla nostra produttività – sarebbe di circa 10, come chiede la Linke. Questa misura avrebbe due effetti positivi: stimolerebbe la domanda interna e quindi le importazioni dall’estero, e porrebbe anche fine alla politica di dumping salariale che ha trainato le nostre esportazioni. Ma ci vorrebbe una svolta ben più radicale nelle gestione tedesca della crisi europea: se la situazione non cambia velocemente, buona parte dei paesi in crisi diventerà politicamente ingovernabile. Purtroppo le crisi finanziarie non sono pericolose per il rischio di collasso del capitalismo, al contrario sempre molto stabile, quanto dei sistemi democratici. Una cosa simile a quello che sta succedendo ora in Ungheria potrebbe capitare nel corso dei prossimi tre anni anche in Europa meridionale. In quel caso, forse si risveglierebbero le coscienze tedesche: sarebbe uno shock così forte da convincere la Germania a finanziare anche politiche pro-congiuntura. Il problema – come dimostra la Grecia – è che il passo giusto viene fatto sempre troppo tardi.

Le forze «a sinistra del centro» avrebbero i numeri per governare, ma il veto anti-Linke è troppo forte. E’ possibile che Spd e Verdi cambino idea?
Direi proprio di no, ma la Spd deve smetterla di farsi illusioni: la Linke non è una meteora nel nostro panorama politico, sono oramai diventati una forza stabile all’interno del Parlamento. I verdi invece devono ritrovare unità dopo questa sconfitta: se divampa il conflitto tra la corrente di sinistra e quella più tradizionalmente legata all’ecologismo, il partito rischia di spaccarsi.