Dal mazzo di carte perse e scartate, alla fine, spuntò Guido Longo, commissario ad acta. Lo sceneggiato a puntate sulla sanità calabrese si conclude (?) alle 7 della sera dopo un Cdm convocato con questo unico ordine del giorno. Catanese, classe 1952, è stato questore a Reggio Calabria negli anni ’80, poi alla questura di Palermo nel periodo delle stragi del ’92, a seguire in Campania. In Calabria è tornato due anni fa come prefetto di Vibo Valentia. Dovrà relazionare al premier sulla sua attività ogni sei mesi. Conte si dice soddisfatto: «È un uomo delle istituzioni che ha già operato in Calabria, sempre a difesa della legalità».

Nel giro di valzer degli addii, l’ultimo ad abbandonare era stato ieri Agostino Miozzo, attuale presidente Cts. Come Jeeg Robot pretendeva superpoteri e un team di 20 persone. Il governo ha nicchiato e lui si è defilato. Ad attendere Longo un compito arduo: risanare una sanità allo sbando. Su quella poltrona tanti si sono bruciati. Il debito è mostruoso, la situazione degli ospedali disastrosa. Nel 1981 c’erano 530 mila posti letto, nel 2018 230 mila, 18 ospedali chiusi, appena 186 posti letto di terapia intensiva per 2 milioni di cittadini, carenza di personale sanitario a causa del blocco delle assunzioni.

La soluzione antivirus sono ospedali da «guerra» al posto di strutture dove curarsi mentre negli ospedali interi reparti vengono riconvertiti (smembrati) per il Covid: dalla pneumologia alla medicina interna alle geriatrie.
A quasi un anno dalla pandemia mancano ancora i tracciamenti del virus in laboratori che possono esaminane solo pochi al giorno, nonché gli Usca che garantiscano l’assistenza dei pazienti affetti da Covid che non necessitano di ricovero ospedaliero. Insomma, giorni duri attendono il commissario Longo.