L’altro ieri eravamo insieme con Carla a una riunione della associazione che abbiamo insieme fondato. E come al solito si vantava d’esser più vecchia di me e io le dicevo che era una ragazza. Ed era vero. Nella sua battaglia per far capire alla sinistra tutta – e a noi – che non c’è sinistra senza la capacità di capire che lo sviluppo che si sta seguendo è insensato e inumano, c’era una passione giovanile, il fervore di un convincimento sincero e profondo. Ed era piena di progetti e di volontà.

L’ultimo era quello di una intervista in cui io avrei dovuto avanzarle le obiezioni più informate, cioè non quelle più dozzinali, di una sinistra sviluppista, anche se non le condividevo tutte. E l’avevo indirizzata a qualcuno più bravo di me a sostenere quella parte. Aveva scritto tanto per una visione della lotta ambientalista che risalisse, prima e oltre il capitalismo, alle ragioni costitutive di una deriva che minaccia l’avvenire stesso dell’umanità. Ma non ne era appagata. Sentiva che c’era tanto da fare per affermare una cultura economica e politica diversa, come quando, in anni lontani, a Milano, era stata tra le più combattive a spendersi, come giornalista e scrittrice, nell’azione per coinvolgere la sinistra di allora, a partire dal Pci, nelle lotte del primo femminismo.

La sua forza stava nel fatto che la passione era nutrita di rigore e di capacità critica. Di qui veniva l’acutezza di una instancabile e competente contestazione dei luoghi comuni di una cultura economica e politica incapace di vedere i nessi tra produzione e ambiente, tra mercato e qualità delle nostre vite, tra vacuità delle spinte al consumo e gravità di un disastro annunciato. Il suo insegnamento è prezioso per costruire una nuova sinistra politica e sindacale, in grado di superare le durissime sconfitte passate e recenti. Un insegnamento che raccogliamo e vogliamo continuare a coltivare con lo spirito combattivo del suo carattere.