«Renzi proporrà il sistema elettorale tedesco». L’imbeccata arriva dagli uomini del neo rieletto segretario del Pd e ha come al solito una funzione tattica. Nel momento in cui il Movimento 5 Stelle si offre ai democratici per una trattativa sui ritocchi all’Italicum, per far finalmente partire i lavori in commissione alla camera, Renzi ammicca a Forza Italia per ridurre il potere contrattuale grillino. Il risultato è che tutto resta congelato. Ancora qualche giorno. Domenica, nel discorso dell’investitura davanti all’assemblea del partito, Renzi farà la sua mossa. Che poi diventerà una proposta. Ma terrà ferme le sue priorità, ancora rovesciate rispetto alla logica. Primo: votare al più presto. Secondo: fare la legge elettorale.

IL MODELLO tedesco, i grillini lo capiscono subito, è una strizzata d’occhio a Berlusconi. Non è (più) il sistema elettorale preferito dal Cavaliere, ma è quello che consentirebbe al capo di Forza Italia di scegliersi mezza delegazione parlamentare e avere qualche chance di tornare in ballo dopo la (prevedibile) sconfitta, per larghe intese sull’esempio – appunto – della Germania. Proporzionale con soglia di sbarramento alta (il 5%, un incentivo ai listoni), ma anche uninominale con la garanzia del seggio per i vincitori nel collegio, il sistema tedesco ha un’altra caratteristica spesso trascurata: le liste bloccate per la metà dei seggi. Richiede però che la dimensione effettiva della camera venga stabilita solo a risultato ottenuto. A Berlino i deputati aumentano o diminuiscono per rispettare l’esito delle sfide uninominali.
Tra le tante proposte che Renzi ha fatto nero su bianco da quando ha vinto le primarie di tre anni e mezzo fa (sistema spagnolo, Mattarellum, sistema dei sindaci, provincellum), il tedesco è l’unica che non si era fino a qui sentita. Ha un vantaggio: meno avversari all’interno del Pd – tranne a rigore i renziani che sono tifosi del maggioritario, ma possono cambiare idea.

IL VANTAGGIO vero è ancora una volta tattico. Se Renzi mettesse effettivamente sul tavolo una proposta sperimentata, che certamente risponde alle raccomandazioni della Consulta, che addirittura è da sempre la stella polare dei costituzionalisti che hanno vinto con il no il referendum costituzionale (ne parleranno domani pomeriggio in un convegno a Roma), bisognerebbe riconoscergli, innanzitutto al Quirinale, di averle tentate tutte quando anche questa ipotesi dovesse naufragare. Che è poi l’esito prevedibile, per ragioni strutturali.
Un parlamento ormai in vista dello scioglimento e delle elezioni, una fase nella quale gli interessi dei partiti naturalmente divergono, erede di una situazione caotica per il contemporaneo tracollo dell’Italicum e della riforma costituzionale, ha poche chance di produrre un modello elettorale alternativo. Pochissime di arrivare a una riforma epocale come sarebbe l’approdo al modello tedesco.

L’AMMUINA sembra allora preludere a qualche piccolo ritocco sulle macerie delle due leggi elettorali attualmente in vigore. Le cose essenziali. A quel che resta dell’Italicum renziano, valido per la camera, bisogna aggiungere un sistema per scegliere il seggio dei pluricandidati (plurieletti) per evitare il sorteggio. Al Consultellum che conserva le spoglie del Porcellum berlusconiano, oggi valido per il senato, bisogna introdurre la doppia preferenza di genere e aumentare il numero delle circoscrizioni. Per entrambi bisognerebbe armonizzare le soglie di sbarramento, alzando quella della camera (adesso il 3%) e abbassando quella del senato (adesso l’8%). Verso quel 5% che potrebbe alla fine essere l’unico riferimento alle regole in vigore in Germania (anche perché la Corte costituzionale tedesca ha chiarito che alzare ancora quella soglia non si può).