Ancora una volta «non assegnato». Come un triste rituale che si ripete, non senza polemiche, anche quest’anno il Premio Mo’ Ibrahim, riservato ai capi di stato africani democraticamente eletti che, dopo aver governato senza macchiarsi di crimini, democraticamente passano il testimone a fine mandato, non ha trovato un solo candidato degno.

Il «Premio per il successo della leadership in Africa», o Mo Ibrahim’s Prize, è stato istituito nel 2007 dal miliardario Mo Ibrahim, magnate delle comunicazioni di origini sudanesi. Al vincitore vanno (andrebbero) 5 milioni di dollari, più un vitalizio di 200 mila dollari all’anno. Ulteriori 200 mila dollari vengono destinati per dieci anni a progetti o (buone) cause supportate dal vincitore. Si tratta dunque di un ricco premio, che paga molto più di un Nobel per la pace (1,3 milioni di dollari una tantum).

I criteri di giudizio esaminano il buongoverno nel suo insieme, con indicatori legati allo sviluppo economico «sostenibile», la sanità, l’educazione, la giustizia, oltre che al rispetto dei diritti umani. Ogni edizione valuta i leader che abbiano lasciato il potere negli ultimi tre anni. Ma in sette edizioni il riconoscimento è stato assegnato solo tre volte: all’ex presidente mozambicano Joachim Chissano (2007), all’ex presidente del Botswana Festus Gontebanye Mogae (2008) e all’ex presidente capoverdiano, nonché eroe dell’indipendenza, Pedro Pires (2011). Quest’anno l’ex presidente keniano Mwai Kibaki aveva le carte in regola per il modo in cui è uscito di scena, ma all’epoca della sua elezione, nel 2007, era stato accusato di brogli e nei tumulti seguiti al voto hanno perso la vita 1200 persone. Quindi bocciato.

Alla sua nascita il prize era stato applaudito da Mandela, Kofi Annan e Bill Clinton, tra gli altri. Ma nel tempo è cresciuto anche il volume delle critiche, perché il meccanismo di selezione così com’è sembra destinato a perpetuare un’immagine negativa dell’Africa, mettendo alla berlina i limiti delle sue leadership. Ma l’inventore del premio non si è lasciato commuovere da queste argomentazioni: «Il nostro compito – ha detto – non è quello di mandare messaggi positivi». La Fondazione Mo Ibrahim, con sede a Londra, stila anche una classifica annuale della governance nei vari paesi: in testa per il 2013 ci sono Mauritius, Botswana e Capo Verde, fanalino di coda la Somalia.