Terzo venerdì di protesta. L’appuntamento è alle 14. Continua il braccio di ferro tra l’ostinazione del potere a mantenere le elezioni con il candidato Bouteflika e la determinazione di gran parte del popolo algerino a mettere fine al regime. Il messaggio passa attraverso i social.

I giovani che protestano non vogliono partire ed esigono soluzioni ai problemi del paese che dipendono da un sistema corrotto. La maturità di questi giovani sta anche nel rifiuto di diventare hittiste, come venivano chiamati negli anni ’90 i giovani disoccupati che fiancheggiavano i muri, o harraga (migranti).

Ai giovani si riferisce il presidente della Laddh (Lega algerina per la difesa dei diritti dell’uomo) Noureddine Benissad nella sua pesante critica: «L’impunità di fronte alla generalizzazione massiccia della corruzione del sistema e l’irruzione di un’oligarchia arrogante, beni pubblici ceduti agli amici, e tutto questo sotto lo sguardo impotente della maggioranza degli algerini. Giovani tra i quali quelli usciti dall’università e che non trovano lavoro e che sono spinti, in mancanza di prospettive, a diventare harraga».

Il quinto mandato è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso tanto più che le condizioni di Bouteflika, ricoverato a Ginevra, non sono rassicuranti. Secondo la Tribune de Geneve il presidente «è in condizioni precarie e bisognoso di cure costanti». L’ordine dei medici si chiede qual è il medico che ha rilasciato il certificato di salute per la sua candidatura. Mentre gli avvocati protestano perché le regole della candidatura sono cambiate in corso d’opera permettendo a un rappresentante di presentare la candidatura di Bouteflika.

Ma oggi è anche l’8 marzo e da Algeri mi dicono che tutte le donne saranno in piazza. E non poteva mancare il messaggio del presidente, letto dalla ministra di poste e telecomunicazioni, Houda Feraoun, nel quale ribadisce il ruolo avuto dalla donna nella storia algerina senza dire che non ha ancora ottenuto la parità di genere (vedi Codice della famiglia).

Il presidente è tornato sulle manifestazioni: «Ci felicitiamo per la maturità dei nostri concittadini, compresi i giovani, e del fatto che il pluralismo democratico, per il quale abbiamo tutti militato, sia ormai una realtà palpabile. Tuttavia dobbiamo fare appello alla vigilanza e alla prudenza rispetto a una eventuale infiltrazione in questa espressione pacifica di una qualsiasi parte insidiosa, interna o esterna, che potrebbe causare la Fitna (caos)».

Questa è la minaccia che incombe, agitata soprattutto nel momento in cui le manifestazioni cominciano a suscitare reazioni in diversi paesi. Se la Francia resta cauta, gli Usa, attraverso il portavoce del dipartimento di Stato Robert Palladino, «sostengono il popolo algerino e il suo diritto a manifestare pacificamente», ma non fanno cenno al quinto mandato.

Gli algerini sono diffidenti rispetto alle interferenze e molto orgogliosi della propria storia. Un passato vivo anche tra i giovani. E infatti questa nuova protesta ha coinvolto i moujahidat (combattenti della guerra di liberazione) come Djamila Bouhired, particolarmente apprezzata per non aver goduto dei privilegi riservati ai combattenti, che ha manifestato venerdì scorso, e Zohra Drif-Bitat che ha annunciato la presenza in piazza l’8 marzo.

L’Organizzazione nazionale dei moujahidin (Onm) è stata la prima a essere visitata dall’allora capo della campagna elettorale di Bouteflika, Abdelmalek Sellal, ufficialmente per trasmettere i saluti del presidente ai suoi compagni d’armi, in realtà per garantirsene il sostegno. E sembrava acquisito, come in passato, ma mercoledì un comunicato dell’Onm ha espresso chiaramente il proprio sostegno alle manifestazioni.

Di più l’associazione «denuncia la collusione tra i partiti influenti in seno al potere e uomini d’affari corrotti che hanno beneficiato in maniera illecita del denaro pubblico». È un importante sostegno che viene meno a Bouteflika. Ma non il solo.

Aumentano ogni giorno le sezioni sindacali della potente Unione generale dei lavoratori algerini (Ugta) che non si riconoscono nella posizione ufficiale di appoggio a Bouteflika e aderiscono alla protesta. Anche il presidente del Forum dei capi di impresa (Fce), Ali Haddad, sostenitore di Bouteflika, è stato costretto a rivedere la propria posizione: «Il Fce crede fermamente al principio della rivendicazione pacifica e legittima al servizio della nazione».

Sul piano politico il Fronte delle forze socialiste (Ffs) ha deciso il ritiro dei propri deputati dall’Assemblea nazionale, ma gli interessati si sono rifiutati di farlo. Defezioni si registrano nel Fronte di liberazione nazionale (Fln) dopo quella dell’ex ministro dell’agricoltura Sid Ahmed Ferroukhi.

Si è dimesso Mokran Ait Larbi, direttore della campagna elettorale di Ali Ghediri, il generale in pensione, che oggi sarà in piazza. Said Sadi, ex segretario del Rcd (Raggruppamento per la cultura e la democrazia), nota figura dell’opposizione algerina parla di «un miracolo».

«Questa gioventù abbandonata all’avventura, condizionata dai programmi scolastici, spesso vittima di manipolazione delle moschee, condizionata dalla televisione, privata di una vita culturale alla fine è emersa…Quello che è importante è che si è manifestata in un modo così civilizzato, calmo, intelligente, quando le frustrazioni e le ingiustizie commesse avrebbe potuto tentare la gente a esprimersi con reazioni intempestive. Invece no, il miracolo è questo».