Renzi ha invertito con destrezza le priorità da lui stesso annunciate, puntando sulle “riforme” in Italia per tentare di ottenere flessibilità, anziché insistere per modificare l’austerità europea. Per ammorbidire l’austerità che tuttora domina nelle politiche europee non bastano i giochi di parole. In realtà Renzi è in continuità con Monti e Letta più di quanto non voglia ammettere. Tanto che tra i “compiti a casa” e le “riforme” c’è sostanziale continuità. Nell’Europa dell’austerità è portato ad esempio chi i “compiti” li ha già fatti e, secondo Draghi, ha ottenuto risultati migliori dell’Italia, quindi spazi per accomodamenti non ci sono. Altrimenti c’è la troika.
Siamo all’inizio di una presidenza italiana del semestre europeo non brillante, con Renzi costretto a cercare disperatamente risorse.

Avere messo l’obiettivo di imprimere una svolta alle politiche europee in subordine alle “riforme” è stato un errore. Puntare sulle aperture della Merkel è un comportamento per lo meno provinciale, che sottovaluta il peso delle forze che in Europa vogliono mantenere politiche di austerità, con l’obiettivo di uno spostamento permanente dei rapporti di forza a favore delle classi dominanti, per avere mano libera nella concorrenza internazionale.

Per questo sono importanti i 4 referendum contro l’austerità, che possono contrastare una diffusa rassegnazione e aiutare a reagire contro i pericoli per l’occupazione e i più deboli.
Ci sono dubbi sulla possibilità di ottenere questi risultati con i 4 referendum. Tuttavia è difficile negare che sia positivo che contro l’austerità sia stata presa un’iniziativa concreta, potenzialmente di massa. La critica all’austerità finora non ha trovato forme adeguate per esprimersi. Da qui il dubbio che, malgrado l’evidente incapacità dell’austerità di risolvere la crisi e la crescente ingiustizia sociale non vi fossero reali alternative.

Senza alternative anche le politiche più avversate finiscono per essere subite. La sinistra politica e sociale ha la responsabilità di non essere riuscita a dare credibilità e forza ad un’iniziativa contro l’austerità, capace di delineare un’alternativa politica ed economica ai Moloch distruttivi delle percentuali previste dal patto di stabilità.
Con i referendum inizia un percorso di mobilitazione di massa contro l’austerità.

I 4 referendum passeranno il vaglio della Corte? Si può argomentare che nessuno dei 4 referendum apre problemi nella finanza pubblica perché colpiscono il di più che è stato inserito nella legge 234 che attua il nuovo (infausto) articolo 81 della Costituzione. E’ bene che i quesiti referendari siano presentati alla Corte da centinaia di migliaia di cittadini con argomentazioni rappresentative del malessere del paese. In passato la Corte ha aggiornato con coraggio il suo orientamento.
I 4 referendum sono stati formulati tenendo conto dei vincoli del nuovo articolo 81 della Costituzione e del Fiscal compact, un trattato tra Stati che ci crea obblighi.

I referendum hanno nel mirino le esagerazioni della legge attuativa, forse conseguenze di impegni non scritti, ma sono una critica a tutta la politica di austerità e consentono di preparare iniziative per obiettivi più ambiziosi come la revisione dell’articolo 81 della Costituzione, ripristinando la sovranità del governo e del parlamento sulle scelte, e la revisione del Fiscal compact.

Occorre rimettere in causa il Fiscal compact e la ragnatela di impegni che obbligano all’austerità anche quando provocano da 7 anni recessione e disoccupazione. Il neoletto parlamento europeo e la nuova Commissione devono porsi l’obiettivo della revisione dei Trattati. Il governo e il parlamento dovrebbero porre il problema già nel semestre di presidenza italiana. Anche il Pse ha chiesto di rivedere Fiscal compact e politiche di austerità.
Va ridiscusso apertamente il ruolo della Bce. Da tempo si chiede di allinearne ruolo e politiche alla Federal reserve, per la crescita, teoricamente presente nel patto di stabilità.

Va interrotta la regalia alle banche che ricevono denaro a costo pressochè zero e poi comprano titoli pubblici realizzando un enorme guadagno. Perché la Bce non compra direttamente debito pubblico, almeno oltre il livello del 60%, mentre può fare questo regalo alle banche? I 4 referendum sono l’occasione per lanciare iniziative a livello nazionale ed europeo per cambiare in radice l’austerità e i suoi strumenti. Puntare tutto sulla flessibilità