Rouzbeh Taheri, classe 1973, è arrivato a Berlino-Ovest quando aveva 14 anni come minore non accompagnato, in fuga dall’Iran in guerra con l’Iraq. Si interessa di politica fin dai tempi della scuola, prima come rappresentante di istituto poi nelle file della Wags (l’alternativa elettorale sul lavoro e la giustizia sociale) che nel 2007 è confluita nella Linke. Ha studiato economia all’Università Humboldt prima di fondare un’azienda specializzata nella vendita di supporti informatici.

Oggi è il portavoce di Deutsche Wohnen & Co. enteignen l’associazione per il diritto alla casa che ha promosso il referendum per rimettere in comune l’enorme patrimonio immobiliare pubblico di Berlino svenduto agli immobiliaristi ai tempi della riunificazione.

Risponde più che volentieri alle domande del manifesto, il «giornale di Rossana Rossanda» di cui ha «appena finito di leggere la biografia per la seconda volta».

Avete raccolto il numero record di oltre 350.000 firme, ben oltre quelle previste dalla legge. Vi aspettavate un risultato così straordinario?

Siamo sempre stati convinti che avremmo ottenuto un ottimo risultato. All’inizio, a causa dell’emergenza Covid-19 e di una primavera insolitamente fredda a Berlino, eravamo un po’ incerti sull’esito finale. Ma poi l’enorme afflusso di attivisti ha ampiamente superato gli svantaggi della pandemia. Alla fine, abbiamo depositato ufficialmente quasi 360.000 firme. Si tratta del record nella storia della democrazia diretta a Berlino.

Che risposta politica ha ricevuto il referendum dai partiti nel Parlamento di Berlino?

Il blocco di destra e borghese formato da Afd, Fdp e Cdu si è schierato contro di noi fin dall’inizio, del resto non ci aspettavamo nulla di diverso. La Spd ha deciso di non sostenerci durante una conferenza di partito con il 40-60% dei voti, mentre i Verdi pur condividendo il nostro obiettivo non hanno partecipato ufficialmente alla raccolta-firme. Ciò nonostante, molti iscritti e anche diversi deputati dei due partiti ci hanno appoggiato. In pratica, solo la Linke ci ha dichiarato il suo sostegno senza riserve partecipando attivamente alla campagna. Ma abbiamo ricevuto anche l’appoggio dei quattro maggiori sindacati e dell’Associazione inquilini di Berlino.

Come per la legge sul tetto degli affitti, recentemente bocciata dalla Corte costituzionale di Karlsruhe, la lobby immobiliare non starà certo a guardare. Vi aspettate una controffensiva legale, specialmente sul prezzo dell’esproprio?

Siamo sicuri che la lobby immobiliare esaurirà tutte le possibilità legali fino alla Corte di giustizia europea. Ma il segnale che uscirebbe da un referendum così partecipato sarebbe talmente forte da avere un impatto diretto sull’afflusso di speculatori a Berlino. Sarebbe cioè chiaro che la speculazione a Berlino è estremamente rischiosa.

Nel caso di Deutsche Wohnen & Co enteignen la narrazione mainstream – che solitamente riduce le lotte per il diritto alla casa come «roba da nostalgici della Ddr» – non ha funzionato. Come mai?

A Berlino c’è una forte tradizione del movimento degli inquilini, che ha ottenuto diversi successi soprattutto negli ultimi tempi. I cittadini hanno constatato che la contro-propaganda non consiste altro che in una serie di bugie. Inoltre, i berlinesi hanno sperimentato che la rimunicipalizzazione ha un effetto positivo diretto sulle loro condizioni di vita. Dieci anni fa a Berlino ci fu il referendum che fece tornare le aziende dell’acqua di proprietà pubblica. Il risultato è stato un calo dei prezzi dell’acqua con la stessa qualità del servizio. La nostra iniziativa, quindi, è più credibile dei partiti tradizionali e delle associazioni imprenditoriali.

L’iniziativa è diventata un vero movimento, non solo di pensiero. Un berlinese su dieci ha già sottoscritto il referendum fissato per il 26 settembre: lo stesso giorno del voto per il Bundestag e delle elezioni statali a Berlino. La scelta della data è casuale?

No. All’inizio volevamo arrivare al voto molto prima. Ma il senatore socialdemocratico dell’Interno (che a Berlino ha funzioni da ministro, ndr) ha ritardato la procedura con alcuni trucchi sperando che ci saremmo arresi. Invece siamo diventati sempre più forti. Adesso è certo che il voto si terrà nel Super Election Day e la nostra iniziativa sarà la questione più importante della campagna elettorale a Berlino. I nostri avversari hanno sbagliato i calcoli…

Molti stranieri hanno partecipato alla campagna nonostante la legge impedisca che le loro firme vengano conteggiate. È comunque un risultato parallelo impossibile da non considerare. Dimostra che il diritto all’alloggio a prezzi accessibili è un concetto universale che trascende la cittadinanza o è solo un effetto collaterale?

Alla base della nostra iniziativa c’è il diritto umano alla casa indipendentemente dal sesso o dall’origine. Tutte le persone in tutto il mondo lo capiscono bene. Ma abbiamo anche cercato di segnalare lo scandalo dell’attuale sistema democratico: più di un residente su cinque a Berlino non ha diritto di voto perché non è cittadino tedesco. Questa è una vergogna per una politica democratica e noi continueremo a parlarne.