La storia del Burundi sembra essere già stata scritta una volta e ciclicamente si ripete. Tensioni e sospetti si rincorrono lungo gli anni e «se non sei con noi, sei contro di noi».

IN QUESTA CONDIZIONE un singolo evento può fare da detonatore: è stato così (e nell’immediato futuro potrebbe essere) il controverso referendum sulla Costituzione fortemente voluto dal presidente in carica a scatenare una nuova ondata di violenze. Ai burundesi viene chiesto di votare sì o no a una proposta di proroga del mandato presidenziale da cinque anni a sette, il che consentirebbe al presidente Pierre Nkurunziza, di governare per altri 14 anni dopo che il suo mandato scadrà nel 2020, ossia fino al 2034.

LA TENSIONE è cresciuta negli ultimi mesi e sono documentate, da parte di Amnesty International e Human Rights Watch, repressioni e abusi nei confronti dei sostenitori dell’opposizione da parte delle forze di sicurezza e organizzazioni sponsorizzate dal governo.

Solo venerdì 26 persone sono state uccise in un attacco di uomini armati nella provincia nord-occidentale di Cibitoke e anche se il movente non è stato ancora chiaro la lettura è politica con versioni simmetriche e opposte tra maggioranza e opposizione. Anche l’Unione europea e gli Usa hanno denunciato intimidazioni.

Preoccupazioni sono state espresse anche dall’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Zeid Ra’ad al-Hussein, che ha esortato le autorità ad «assumersi le proprie responsabilità al fine di assicurare al popolo del Burundi pace, sicurezza e una democrazia pienamente funzionante». I vescovi cattolici del Burundi hanno dichiarato che molti cittadini «vivono nella paura e le persone non osano dire quello che pensano per paura di rappresaglie».

AIMÉ MAGERA, portavoce delle Forze di liberazione nazionale (Fnl), un partito di opposizione, ha invitato la gente a superare la paura e a «resistere fino alla fine». Anche se il risultato del referendum appare scontato. Da parte sua il governo accusa la propaganda malevola degli esuli e ha sospeso le trasmissioni della Bbc nel paese per sei mesi, accusando la società di diffondere idee che screditano il presidente. Anche le trasmissioni di Voice of America sono state sospese.

SOS MEDIAS BURUNDI, una rete di giornalisti indipendenti, ha denunciato gli arresti di oltre 50 membri della coalizione di opposizione, Amizero ya barundi, in una sola settimana.
Richard Moncrieff, dell’International Crisis Group, ha dichiarato: «Nel breve periodo ci sono solo sacche di violenza e gravi violazioni dei diritti umani … ma nel medio-lungo periodo il governo rischia di distruggere l’accordo che ha posto fine alla guerra civile». Il cosiddetto 60 (hutu)-40 (tutsi) in tutti i posti di governo.

IL SEGRETARIO generale del partito al governo Cndd-Fdd Evariste Ndayishimiye ha accusato i poteri occidentali di voler destabilizzare il Burundi e ha affermato che coloro che voteranno contro le modifiche proposte alla costituzione sono da considerare traditori, comprati e finanziati dai colonizzatori bianchi. Tutto ritorna, si avvicina, si allontana nel flusso inafferrabile di un paese che non trova riparo.