Il recovery plan del governo Conte due non va bene. Firmato: Bankitalia, Corte dei Conti e Ufficio parlamentare di bilancio (Upb). Nelle audizioni alla commissione Bilancio del senato i giudizi sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) approvato dal governo dimissionario sono tutt’altro che lusinghieri. Secondo l’Upb a fine piano – 2026 – l’aumento del pil sarebbe di 2,5 punti, mezzo punto in meno di quanto previsto dal ministro Gualteri. Bankitalia indica invece una crescita di 2 punti al 2024. Nell’insieme, le risorse complessive dedicate alle missioni del Pnrr – calcola l’Upb – ammontano a 311,9 miliardi; 87 dei quali da Fondi non Next generation Eu. Dei 209 miliardi di Next generation Ue 81,9 miliardi sono sovvenzioni; 87,5 prestiti sostitutivi e 40,1 prestiti aggiuntivi. Ma al di là delle cifre, le critiche delle authority sono profonde. L’Ufficio parlamentare di bilancio segnala «la frammentazione eccessiva» delle iniziative che «rischia di diluire le potenzialità del Piano di incidere in modo strutturale sulla realtà del paese con una dispersione di risorse che potrebbe non consentire di realizzare gli obiettivi». Le «criticità», aggiunge l’autority, sono anche nella mancanza di dettagli dei singoli investimenti e dei tempi di realizzazione, nel fatto che il documento è disomogeneo e anche che, tenuto conto della necessità di accelerare la realizzazione, non sembra esserci adeguata attenzione «a nuovi strumenti per contrastare efficacemente infiltrazioni criminali, frodi ed episodi corruttivi». Bankitalia ricorda che in Italia gli effetti saranno «tanto maggiori quanto più sarà efficiente l’impiego delle risorse». «Serve una netta discontinuità con il passato – ha detto il Capo del Servizio Struttura economica della Banca d’Italia, Fabrizio Balassone – una struttura di governo degli interventi adeguata alla complessità del sistema. Le maggiori risorse rese disponibili dal programma Ue a condizioni vantaggiose – ha ricordato. La Corte dei Conti infine ha sostenuto la necessità di concentrare le risorse sugli investimenti segnalando che quella per la spesa corrente potrebbe «debordare» dal 30% previsto.